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Architetture dell’immateriale  
Il media-ambiente come frontiera del digitale scrivi all'autore
  di Marco Nardini

 

 

 

 

World Center for Human Concerns (New York, 2001), progetto di OCEAN NORTH, Michael Hensel e Binger Sevaldson.

 

 

La condizione attuale dell’architettura, metabolizzata attraverso il filtro degli strumenti digitali, è quella di un fenomeno complesso e gerarchico che si trova in relazione tanto con l’uomo quanto con l’ambiente. Nei fenomeni complessi, a differenza che in quelli semplici, le proprietà globali non sono prevedibili e deducibili in modo deterministico dai dati descrittivi del sistema. Per poter comprendere le proprietà e prevedere, per quanto possibile, i comportamenti (a meno di un certo grado di aleatorietà) è molto importante conoscere e interpretare il contesto, le condizioni iniziali e le azioni esterne. Inoltre il fatto di essere un sistema gerarchico sottintende che spesso il sistema superiore è il contesto di quello inferiore, stabilendo quindi un rapporto di causalità diretto tra sistema esaminato e contesto nel quale esso si trova. Questa gerarchia, che si esprime in una continuità tra sistema e contesto, facilita, in un certo senso, lo sconfinamento tra discipline (nell’architettura come nel design e nell’habitat) in quanto ciascun termine è legato agli altri con un nesso sequenziale tra elementi e contesto. 

L’implicazione di questo insieme di fenomeni sul progetto è notevole. Non solo perché esso stesso risulta diverso se svolto e descritto in forma analogica o digitale, ma soprattutto perché l’adozione di strumenti informatici e di tecniche di simulazione nelle discipline della progettazione, siano esse architettura, design o progettazione del territorio, sta determinando un ricorso a nuovi linguaggi espressivi. Come se il significato della progettazione fosse, oggi, diverso dal passato, per la diffusione di strumenti digitali e ricombinanti a fronte di quelli tradizionali, analogici e disaggregati.

La produzione di artefatti tecnologici e l’evoluzione delle tecniche di previsione e di programmazione danno luogo ad un nuovo modo d’immaginare e, accanto alle teorie e agli esperimenti, si sviluppa un sistema basato sulla simulazione per formulare idee sulla realtà. Si può fare l’ipotesi di un ampliamento concettuale della disciplina architettonica e di un suo orientarsi verso un approccio multi-disciplinare che, dato il forte contenuto empirico che fino ad ora ha prevalso in essa come in tutte le scienze umane, vede nella simulazione uno strumento teorico di supporto e di verifica che va al di là della semplice “narrazione” o della descrizione del solo dato empirico, e che esplicita non solo il cosa ma anche il perché di un dato evento, esprimendo congetture su meccanismi e processi che stanno alla base dei fenomeni.

1. La materialità

Tra gli altri aspetti uno predomina la scena degli artefatti contemporanei: la materialità. L’idea di materialità è legata da sempre al concetto di qualità dello spazio, ma dobbiamo chiederci se oggi questa qualità sia in qualche modo diversa da ieri.

Il concetto di materialità trasparente appare spesso nella storia dell’architettura e fin dalla seconda metà dell'ottocento, con l'utilizzo estesivo di superfici vetrate nelle costruzioni (il Crystal Palace di John Paxton, è del 1851), diventa un elemento ricorrente. Tuttavia la trasparenza è un concetto che va oltre l'utilizzazione di un materiale. Oggi trasparenza è metafora d'immaterialità ed esprime leggerezza e profondità dello spazio. E' chiaro che un solo materiale (anche se trasparente, come il vetro) non può esprimere un concetto che è legato al modo di percepire lo spazio.

La percezione c’interessa a tal punto che oggi l’idea di trasparenza non riguarda solamente una ben precisa qualità materiale. Con trasparenza s'intende indeterminatezza, complessità, uso responsabile delle risorse, cioè una serie di qualità immateriali. E' il terreno del sensibile che ne viene direttamente coinvolto: l'ambiente che si trasforma di continuo, le sollecitazioni che si moltiplicano, i confini che sono incerti e sfumati, il carattere del luogo che è affidato alle sensazioni. Così nel trasparente confluiscono elementi legati al movimento, alla densità, alla sensibilità e alla deformabilità. Trasparenza come linguaggio espressivo invece che come condizione deterministica dello spazio. C’è bisogno di considerare il significato del linguaggio (o meglio dei linguaggi) dall’interno della giungla mediatica. I linguaggi espressivi, ivi compresi quelli del progetto, sono oggi fortemente influenzati dalle tecnologie digitali ed è chiaro non solo che il modo di progettare risulta modificato ma che anche gli esiti di questo processo risultano profondamente alterati. I concetti con i quali attribuiamo significati materiali alle idee sono profondamente diversi dal passato anche perché il mezzo che usiamo per comunicarli è diverso.

2. La  forma

Dal punto di vista geometrico il processo che ha reso possibile la concezione di forme continue è partito dall'adozione di descrizioni di curve e superfici basate su algoritmi parametrici. In questo tipo di descrizione geometrica degli oggetti il procedimento di costruzione è basato sull'interpolazione di punti che definiscono la curva o la superficie. In tal modo è possibile convertire una generica curva (ma questo vale per qualunque forma geometrica) attraverso un algoritmo parametrico che calcola le trasformazioni relative rispetto ai vertici. Il risultato di questo procedimento è quello di ottenere forme che non contengono punti di discontinuità.

Nel progetto l'utilità di operare attraverso una famiglia geometrica con tali caratteristiche è legata alla possibilità di costruire superfici estremamente complesse ma senza soluzioni di continuità. Tali superfici, peraltro, si dimostrano anche molto efficaci nel simulare forme organiche e questo è un aspetto da non trascurare anche dal punto di vista estetico.

Pierre Bézier con l'invenzione della curva che porta il suo nome ha migliorato da un lato le tecniche di disegno e progettazione nell'industria automobilistica, dall'altro ha reso più agevole il processo produttivo degli oggetti.

Più di recente il sistema geometrico parametrico, attraverso l'uso del CAD, si è diffuso in tutti i campi della progettazione non rimanendo più limitato solo all'industrial design. Inoltre ha acquistato anche una connotazione estetica aprendo un settore nuovo nell'ambito della ricerca formale. La possibilità di deformare (stirare, comprimere, allungare, accorciare) un oggetto permette di passare, in modo intuitivo, da forme simmetriche e semplici (primitive) a geometrie complesse, inconcepibili se non prodotte da "azioni" (come stiramento, compressione, allungamento).

La forma geometrica si qualifica non solo come entità teorica algoritmica (derivata da regole statiche di rapporto tra le parti) ma come oggetto "materiale", dotato di qualità fisiche legate alla sostanza, che ne determinano le modalità attraverso cui viene alterata la densità, l'elasticità, la gravità.  Ancora una volta, come nel caso della materialità, il terreno del sensibile e dell’immateriale prevale su quello del materiale. Da questi fattori si determina l'attitudine alla deformazione che offre al progettista la possibilità di descrivere forme "plastiche" molto difficili anche solo da concepire.

Sarebbe però limitativo vedere in questa "rivoluzione geometrica" soltanto l'affermarsi di una "estetica delle superfici curve". La manipolazione della forma è basata su un rapporto diverso tra struttura geometrica e incarnazioni che la forma può assumere. Le variazioni geometriche "locali" non sono rilevanti per questa nuova disciplina; un cerchio e un quadrato sono, in effetti, la stessa cosa. Una tale qualità geometrica (la topologia) precede qualsiasi assegnazione di curvatura metrica poiché quando i matematici definiscono questo genere di geometria, essi tengono a porre l'accento sul fatto che non si preoccupano della forma fisica nella quale una topologia può incarnarsi ma piuttosto che la concezione della struttura spaziale (cioè la qualità spaziale che essa assumerà) precede la sua formalizzazione geometrica, curva o piana che sia.

3. Connettere le conoscenze

Il digitale ha senza dubbio evoluto il modo con cui si progetta, l’esito di questo processo, il modo in cui si fruisce dell’artefatto prodotto attraverso la progettazione. Anche perché è il termine tecnologia ad aver assunto altri significati.

La tecnologia non è più riducibile ad una semplice, seppure sofisticata, dotazione tecnica e, d'altra parte, tutto il complesso di fenomeni che si è abituati a definire genericamente come "cyber-spazio" non può essere spiegato solamente come una sofisticazione tecnologica della realtà. In altri termini, visto che è in discussione la tecnologia del virtuale, non è sufficiente tentare di riunificare reale e virtuale in un mondo più complesso ma privo di contraddizioni. In realtà è il fenomeno della connessione a lasciarci tutti stupefatti. In tutte le forme nelle quali esso si realizzi. Con l’erosione, ad esempio,  del confine tra architettura e design.

Tale fenomeno risale all'inizio del novecento ed è iniziato con la nascita dell'industrial design, quando le competenze tecniche e quelle progettuali hanno cominciato a diventare scienza. Le origini del design moderno possono essere fatte risalire all'avvento della rivoluzione industriale e alla produzione meccanizzata dei manufatti.

Il termine "disegno industriale" indica proprio la sintesi tra progettazione e realizzazione di oggetti che uniscono contenuti culturali, estetici, funzionali e commerciali. Gli oggetti industriali, per primi nella storia della progettazione, integrano positivamente il percorso creativo nel processo di produzione industriale. Questo non si è prodotto soltanto grazie ad una felice opzione tecnologica ma è stato determinato da una rinnovata sensibilità per le esigenze umane.

Mettere al centro le esigenze dell’uomo, separare le competenze specifiche, elaborare un’estetica legata all’industrializzazione dei prodotti: così si è realizzata la separazione del momento della concezione (progettazione) da quello della realizzazione (industrializzazione). La disgiunzione del binomio progetto/realizzazione, nel campo della produzione di oggetti, ha fatto in modo che il processo progettuale subisse delle sostanziali modificazioni. Nel suo allontanarsi dalle concezioni "artigianali" di prodotto, di materiale e di tecnica l’industrial design ha fatto in modo che diminuisse progressivamente la distanza tra idea e forma. E' per l'interazione di queste due ragioni: evoluzione del processo progettuale e avvicinamento tra idea e forma, che la distanza (anche "culturale") tra design e architettura si è, progressivamente, affievolita.

In questo modo c’è stato un ulteriore incremento del ricorso all'innovazione tecnologica nel progetto che anzi è diventato l’aspetto caratterizzante di tutto il processo progettuale., affermando che è attraverso l'innovazione che si attuano le idee progettuali.

Alcuni architetti e designer, fin dal secondo dopoguerra, hanno colto la centralità di questo punto rispetto alle discipline della progettazione, sottolineando due aspetti fondamentali:

-che lo statuto della progettazione è cambiato

-che la dimensione non è più un dato, di per se, qualificante.

Si tratta di argomentazioni interessanti che, per ora, fanno parte di una nuova un’ipotesi di lavoro tutta da scrivere, un’ipotesi basata su un concetto nuovo di ambiente: il media-ambiente.

Le tecniche di simulazione possono dare luogo a nuovi linguaggi poiché la simulazione è un modo diverso di comprendere la realtà, che cambia anche il modo di agire rispetto ad essa e che fornisce nuove chiavi di lettura della realtà “vera”, dando luogo ad un ambiente umano contaminato da “alterità” non umane.

 

Alcuni volumi per approfondire gli argomenti trattati nell’articolo:

William J. Mitchell, La città dei bit. Spazi, luoghi e autostrade informatiche, Electa, Milano, 1997

Peter Zellner, Hybrid Space: New Forms in Digital Architecture, Rizzoli International, New York, 1999

Klaus Daniels, Low-tech, Light-tech, High-tech. Building in the information age, Birkhauser, Basilea, 1998

Pietro Zennaro, La qualità rarefatta, Franco Angeli, Milano, 2000

Paolo Martegani, Riccardo Montenegro, Design digitale. Nuove frontiere degli oggetti, Testo&Immagine, 2001

Ali Rahim, Contemporary processes in architecture, John Wiley & Sons, New York 2000

Ali Rahim, Contemporary techniques in architecture, John Wiley & Sons, New York 2001

Marco Nardini, Francesco De Luca, Behind the scenes. Avant-garde tecniques in contemporary design, Birkhauser, Basel 2002

 

Marco Nardini (1961) insegna Modellazione presso il Corso di Laurea in
Disegno Industriale (Facoltà di Architettura "L. Quaroni", Roma "La
Sapienza"). Autore di studi e ricerche sull'applicazione delle tecnologie
informatiche e telematiche all'architettura. Ha ottenuto diversi premi in
concorsi d'architettura, design e progettazione del paesaggio. Ha
realizzato siti web, CD Rom e sistemi informativi per didattica e ricerca.

 

 

 
     

 

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