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1997
"PROGETTO CONFINI"
"UN CENTRO DI CONDIVISIONE SPIRITUALE SULLA DIGA DEL PORTO DI GENOVA"
staf progettuale:
Airaldi Giacomo - Dolla Laura - Fiora Arianna  - Studio architetture - genova - ZTL architettura - Genova  -
Menzione di merito al concorso "paesaggistica e linguaggio grado zero dell'architettura" di B.ZEVI
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Progetto pubblicato su L'architettura Cronaca e stroria n°503/506 pagg.494/495
l'architettura trans_murale

La società manca di spiritualità.

E’ in atto una transizione dal vecchio paradigma meccanico che dissociava il mondo al paradigma organico che considera il mondo come un tutt’uno. L’essere umano non vuole vivere nel caos e può evitarlo agendo secondo le dottrine dell’unità del mondo

L’idea progettuale nasce da un concorso internazionale di architettura, indetto da Bruno Zevi, "Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura", a cui ha partecipato uno staff di progettazione accomunato dalla stessa "idea" di architettura e dall’essere in qualche modo legati all’università degli studi di Genova .

"Come dobbiamo redigere i piani, gestire le città e i territori? Un’indicazione può venire dall’esperienza artistica contemporanea che rifiuta l’oggetto finito e compie soltanto metà dell’itinerario essenziale alla rappresentazione dell’immagine, demandando al fruitore il compito di integrare il processo avviato dall’artista".

(B.ZEVI, Leggere Scrivere Parlare Architettura,Marsilio,Venezia,1997)

 Il nostro tempo ha delineato la progressiva interrelazione tra i popoli sovrapponendo, più che coinvolgendo, culture, abitudini, esistenze diverse. Le città vedono aumentare vertiginosamente l’affiancarsi di etnie che non trovano, nella struttura socio-economica di accoglienza, un posto in cui "stare". E’ più facile incontrare un uomo "Blasé" che una persona in grado di camminare compresa della sua vera, integra, identità. L’impatto ambientale fornito è, spesso, incapace di offrire spazi liberi di essere fruiti da esigenze culturali alternative e difficilmente si considerano, all’interno della distribuzione territoriale, organismi pensati per ospitare comunità non identificabili aprioristicamente. E’ contemporaneo a tutte le culture emergenti cercare di abbassare gli argini delle proprie radicalità religiose per dare spazio alla libertà spirituale e permettere, ai popoli, nell’epoca dell’assenza e della morte di Dio, segnata dal venir meno di ogni fede e dal diffondersi della secolarizzazione di avvicinarsi e vivere una nuova esperienza religiosa di carattere ecumenico; nella specificità di messaggio spirituale teso ad un Dio che può vivere, serenamente, nell’essenzialità di tutte le esistenze.  

"Fa parte dell’esistenza umana nel mondo la luminosità e l’apertura a molte possibili esperienze che noi possiamo fare con noi stessi, con la nostra società e con il nostro mondo."

(B.WELTE, Dal nulla al pensiero assoluto, Marietti, Genova, 1996)

Considerando possibile vedere nell’immediato futuro, le città come "città del mondo", diventa necessario studiare interventi capaci di unificare e soddisfare le esigenze dei diversi popoli e dei diversi pensieri. Pensiero inteso come l’esigenza spirituale che ogni uomo, di qualunque cultura, mantiene integro nel proprio intimo ed ha l’esigenza di conservare in equilibrio per permettere a se stesso di affiancarsi, senza sovrapporsi o sottomettersi, all’altro. In un periodo della storia segnato dalla delusione e dalla caduta dei valori,erede dell’esasperato individualismo che caratterizza il nostro secolo, l’inizio di un dialogo tra le religioni è forse, tra i fatti emergenti, quello più carico di futuro. Il progetto è legato a ordini diversi di esigenze umane, più o meno sentite; deve essere il luogo della meditazione, della riflessione, del ritrovarsi dell’uomo con se stesso; luogo dell’esperienza religiosa, in genere, dell’incontro dell’uomo con il divino, ma anche luogo d’incontro dell’uomo con altri uomini. Gli spazi appartenenti a questo luogo devono avere caratteristiche uniche che abbiano e diano una dimensione "sacra" all’abitare. Lo spazio sacro è essenzialmente transfunzionale; la transfunzionalità si ricava dal modo in cui lo spazio viene gestito, per nulla adeguato ai canoni economici, ma a quelli dell’abbondanza e generosità ai limiti della megalomania e della sfida alle leggi della statica. In questo modo lo spazio assume un significato di tipo ludico. Il fine della ricerca progettuale è concretizzare nell’architettura un insieme di spazi, resi a servizio di una ricerca spirituale per radunare chiunque senta l’esigenza di estendere la propria interiorità verso un unico infinito, in piena libertà.  
Concretizzare nell’architettura un insieme di spazi resi a servizio di una ricerca spirituale finalizzata a radunare chiunque senta l’esigenza di estendere la propria interiorità al senso comune dell’esistenza, visualizzando, in un unico infinito, la libertà assoluta, è il layuot di questa ricerca progettuale. Si vuole comprendere la propria spiritualità attraversando passaggi a valenze diverse tratte dai messaggi veicolati da una architettura pensata per smaterializzarsi oltre il limite della consapevolezza del sé, sul confine estremo della città. Città quale agglomerato urbano entro il quale convivono codici sociali, etnici, urbanistici, religiosi, che non riescono, per definizione, ad accompagnare l’uomo verso il senso della vita sia essa singola che comune  
Architettura trans-murale che cerca di superare il proprio limite materico dissolvendo nella luce, quale ultimo scenario territoriale, la sua rappresentazione nel reale in una dimensione autoespressiva; vigilante ad un percorso mentale che non potrebbe trovare, all’interno di un paesaggio urbano classicamente stereotipato, nessuna emotività che possa suscitare quella poesia manifestabile esclusivamente nell’attimo in cui, il nostro essere riesce a sentirsi in equilibrio con il mondo naturale di cui, egli stesso, ne è parte integrante. Si parla spesso di architettura in relazione al "luogo", al "sito", alla morfologia del paesaggio o a quant’altro di preesistente possa esistere nel costruito; di architettura come di un "palco" dove si succedono le rappresentazioni dell’intimo, dei "patos" emotivi di ogni ospite, o di architettura come sinonimo di " costante" nella vita singola o sociale di ogni uomo, capace di ospitare il "pensiero" libero da vincoli settoriali, non si parla quasi mai.  

"L’immagine ambientale comprende perciò desideri e sogni.

Per realizzare questi desideri l’individuo cerca di cambiare il suo ambiente. In altre parole, l’architettura, concretizza l’immagine che oltrepassa l’ambiente preesistente e riflette sempre l’aspirazione a migliorare le condizioni umane."

(C.N.SHULZ, Esistenza, spazio, architettura,1977)

Le condizioni di vita in cui le città, oggi, costringono a vivere, sono estremamente circoscritte al raggio di azione che lega, funzionalmente, le varie quotidianità e non assolvono alle necessità psicologiche che attengono alla realtà spirituale dell’essere uomo comunque. Gli organismi edilizi che presiedono i punti di riferimento cittadini, si preoccupano di trasmettere immagini formali tradizionali e non esistono realtà pubbliche, fuori dai canali di serrata argomentazione religiosa, che sollecitino transfer emotivi capaci di spostare l’attenzione verso luoghi mentali trascendenti la condizione umana.

"Come l’architettura, e più di essa l’urbanistica deve nascere da un colloquio fondato su ipotesi aperte, che la società possa suffragare, modificare, riorientare secondo le proprie complesse, pluralistiche esigenze."

(B.ZEVI, Leggere Scrivere Parlare Architettura, Marsilio, Venezia,1997)

.Non è stato scelto a caso il sito su cui innestare l’intervento oggetto di questa avventura progettuale e intellettuale, ma ci si è orientati verso un ambito di estrema pregnanza ambientale, la diga del posto di Genova, che ha in sé, per natura, valenze fisiche e psicologiche imprescindibili per una città portuale. Genova, da sempre organizzata attorno all’area portuale, costruisce la sua storia sociale e urbanistica secondo il naturale orientamento morfologico descritto dal mare. La storia attuale della città cerca di rivitalizzare il suo ambito portuale, ormai sclerotizzato nelle sue funzioni commerciali, per restituirlo, in nuova veste, alla vita sociale, sviluppando quelle che restano potenzialità esclusive dell’architettura preesistente ed attengono al materiale e mentale confine tra acqua e città. Dare la possibilità di vivere quello che resta della dispersa maglia edilizia attraverso le calate e i moli, è un tentativo di ricucitura del carattere estroverso che, in una società portuale, ha vissuto e che, nel divenire della crescita urbana ha perso l’essenzialità del proprio essere confine tra uomini e uomini. Acqua come limite alle capacità umane e, nello stesso tempo, via di percorrenza per esperienze infinite. Porto come argine alla forza estranea ....Diga come ultimo limite

"Ogni singolo muro interrompe, si oppone e altera violentemente lo scenario in cui si colloca e inizia così a svelare i segni di una trasformazione che porta all’architettura"

(T.ANDO, in Dal CO, Tadao Ando - le opere, gli scritti, la critica, Electa, Milano 1994)

Il confine della città, segnato da una linea che materialmente si impone e disegna l’unico riferimento umano oltre l’organizzato, corrisponde alla massima espansione territoriale che la città ha imposto alla natura.

Frontiera sociale, urbanistica e psicologica che divide l’acqua in quiete e forza; mare calmo a servizio della gente e libero arbitrio oltre l’argine.In questo luogo, dove nettamente si distinguono l’opera dell’uomo e l’immateriale senso dell’infinito disperso nella luce, che è il sottile confine tra cielo e terra, si ipotizza un’architettura che nasce dal "segno" dato dalla linea di demarcazione e si svolge, nel suo divenire, in una sequenza di spazi ed immagini che sottendono le tensioni trascendenti dello spirito.

"Quindi il limite non più come frontiera difensiva, ma spazio intermedio che ci permette di cogliere e interpretare il segno come una costellazione di eventi e possibilità che parlano con il linguaggio della differenza e della somiglianza.

La poetica della dissonanza individua, nell’apparente uniformità dei segnali, una dimensione atopica, una pienezza di vuoto."

(B.DE BATTE’, Figure del cemento, Genova, 1993)

Un inconsueto impatto visivo racconta alla città una nuova dimensione e trasforma la barriera in una successione di esperienze vivibili prima con la mente che con il corpo. Luogo architettonico come "oggetto" da esperire nell’interezza delle veicolazioni che può trasmettere all’utente ed è capace di trasferire emozioni nel suo divenire architettura. Si lascia invadere dalla luce trasportata dai colori, dall’aria e dallo spazio circostante che supera il margine non interamente chiuso, ma volutamente labile alla percezione visiva che conduce lo sguardo e il pensiero oltre la propria dimensione. L’interezza dell’architettura si evidenzia quando l’equilibrio si stabilisce tra il "presupposto" e "l’obiettivo", attraverso tutti i passaggi necessari che hanno fatto, delle scelte operate, il divenire delle forme. Forme non come assioma, ma come sintesi della materia, plasmata dalla necessità di respirare un sentimento che risulta impossibile da imprigionare.

"Di certo l’architettura non è progetto dello spazio e di sicuro non è scomposizione ed organizzazione di volumi. Queste sono operazioni secondarie rispetto a quella fondamentale che è l’organizzazione della successione, della processionalità."

(P.JOHNSON, La casa di cristallo, Milano, 1996)

La transmuralità, in queste ipotesi, vuole evidenziare la necessità di realizzare, all’esterno di un linguaggio troppo codificato, aperture mentali che effettivamente considerino la possibilità di esplodere le potenzialità di espressione partendo da un piano progettuale che non contenga suggerimenti stilistici: questi sono lasciati al libero formarsi durante il procedimento intenzionale non coinvolto da classicismi idealizzati.

Transmuralità quale punto di contatto tra spazio esistenziale e spazio confinato. Considerata la diga come area di mezzo tra la quiete che sprofonda nel rumore della città e il continuo lavoro del mare nel vento, si invera in essa un luogo dove interazioni e alterazioni di figure reali o indotte ne costituiscono lo scenario e dato che

"l’esistenza è spaziale"

(H. HEIDEGGER, Sein und zeit, Halle, 1937)

cresce, sul percorso, l’individuale; ogni singolo spazio esistenziale si coinvolge nelle interrelazioni con elementi mobili ed immobili, esclusivi di potenzialità e tensioni, capace di trasmettere o interrompere comunicazioni soggettive e non. L’architettura, essendo sempre ingerente la vita che ospita non può esimersi dall’essere parte integrante nell’interezza delle implicazioni fisiche ed emotive. Il luogo, qualunque esso sia è influenzato dalle direzioni che lo percorrono e queste protendono verso l’esterno generando un’area di compenetrazione tra interno ed esterno che tende al limite denunciato dal confine.

"La tensione coinvolge l’utente in una sorta di esplorazione iniziatica

e lo spazio racconta il qui e il di là."

(B.DE BATTE’, Figure del cemento, Genova, 1993)

L’area che è collegata ad un’altra area tramite un’apertura, esprime più fortemente, il grado di continuità dello spazio esistenziale. K. Linch definisce i percorsi come "canali" lungo i quali l’osservatore si muove normalmente, occasionalmente o potenzialmente. E’ questa potenzialità che si vuole condurre, attraverso l’organizzazione di spazi necessari all’esperienza verso l’estremo stimolo alla vita spirituale.

"L’oggetto della percezione umana e animale non è soltanto un agglomerato di cose, colori e forme, di movimenti e dimensioni: è prima di tutto, forse, una interazione tra tensioni....dato che tale tensione ha una grandezza e una direzione, potremmo definirla come forza psicologica."

(O.F. BOLLOW, Mensch und Raun)

L’architettura, come insieme di coordinate attraverso le quali ci si identifica nel seguire un percorso reale ed emotivo, esprime la sua forza dinamica con una tensione guidata che segue il filtro, nella sua identificazione di quinta tra il reale e l’immaginario. La traduzione di questi presupposti psicologici in struttura architettonica si è basato sul progressivo allontanamento dal punto di partenza che stacca, con il trasferimento dalla città alla banchina, la mente dell’ospite verso prevalenze intellettuali. Il percorso, adagiato alla quota zero della banchina, sotto il muro verticale, subisce l’effettivo senso di limite che la diga rappresenta ed inizia a raccogliere, nel suo dispiegarsi, ogni emotività. La riflessione, così costretta al di qua dello spazio aperto, attraversa fasi di richiamo alla vita quotidiana percependo, comunque, tramite la luce dispersa dal filtro opacizzato, il trascinamento mentale che diventa vettore direzionale e conduce l’utente oltre il bordo, alla fine della "strada".

"Il bordo non è mai un luogo di tutto riposo,non forma mai una linea indivisibile."

(J.DERIDDA, Per essere giusti con Freud)

La direzione data dal percorso segue il filtro che realizza un legante strutturale che immaterialmente disegna un volume libero da geometrie precostituite, che accoglie e disperde nello stesso tempo. All’estremo, salendo alla quota dell’estradosso del muro di origine, il filtro, dissolvente lo spazio, viene attraversato annullando lo spessore del margine e non costituisce più barriera, ma valico. Struttura leggera che emerge dal contesto per la sola valenza di essere libera ed invasa. Da qui, oltre la struttura l’organismo si avvia verso l’infinito in un coinvolgimento di più percorsi che raggiungono indipendenti la massima apertura verso l’aria, il colore del mondo naturalmente mischiato di cielo e acqua e superano ogni limite materiale usando il filtro come ultima quinta.

"L’immateriale fissato in una trama."

(J.NOUVEL, Una lezione in Italia, Milano,1996)

L’architettura come matrice di sensazioni, ha fermato, per un attimo , attraverso lo schermo del filtro , il percorso obbligato ancora sul fondo cittadino, per lanciarlo verso l’esplorazione del vuoto nel pensiero assoluto che ha trovato integrazione massima con il proprio spazio esistenziale, singolo o comunitario. Un ultimo lembo di tracciato si infiltra in un volume concepito per contenere chi abbia sviluppato il senso della contemplazione associata veicolando pura spiritualità. Protetto da una sola barriera di colore verso il mare, quale sintomatica espressione di pienezza nella dissolvenza della luce, chiunque può sentirsi in equilibrio con qualunque società che, alla sue spalle, schermata da un semi perimetro opaco continua la frenesia di ogni giorno. Architettura, quindi nell’applicazione reale della "transmuralità" quale postulato iniziatore del progetto.

Nuovi orizzonti culturali che usano l’architettura come palestra espressiva dello spazio in cui si respira, incondizionatamente, la più alta attività dell’uomo:

 

Libertà di pensiero

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