Questo tra gli ultimi progetti degli spazi 
                    pubblici, 
                    il Restauro e riuso del castello di Segonzano (TN)
                    degli UNA2 architetti (1)
                    crea una continuità di discorso con i precedenti, 
                    segnando una narrazione continua 
                    di luogo in luogo, fili invisibili
                    a bassa voce … 
                  Mi intriga questo ultimo delicato progetto
                    che trova nella sua realizzazione
                    Una forza fatta di piccoli segni
                    Tracce
                    Presenze
                    Geometrie sottili e dissolte
                    che definiscono confini sensibili
                    ridonando una virtuale presenza fortilizia
                    in uno stemperato concettuale recinto
                    senza incidere nel/sul paesaggio
                    Art land o land art-minimal
                    Opera morfologica e di suolo
                    Raffinato disegno di profili
                    In leggerezza
                    Progetto che lavora profondamente
                    con il vuoto
                    con l’Assenza
                    in cavo
                    rispetto al profilo della rocca con torretta e sperone merlato
                    un percorso di visita & viste
                    attraverso una passeggiata 
                    che racconta il luogo in un gioco
                    complesso di orizzonti
                    un’opera tra arte&architettura
                    di fine garbo
                    dove la sospensione della figura
                    nella dissolvenza
                    forma il luogo dell’immaginario
                    …la cronologia sospesa/interrotta
                    si ricompone 
                    rimargina la cesura…
                    la densità del vuoto disloca 
                    le tensioni & derive 
                    in un solido progetto presente
                    
                     
 
                    
                  Il Castello di Segonzano, Trento
                  Recupero e riuso
                  Stato di fatto prima dell’intervento
                    Il castello si raggiunge dalla frazione di Piazzo per due 
                    sentieri che si uniscono in corrispondenza del maso del castello 
                    (date 1687, 1860) dove un valloncello tra il maso stesso e 
                    la roccia sarebbe stato esaltato dallo scavo del fossato. 
                    Il muraglione angolare incombe sul sentiero che si inerpica 
                    sulla rupe seguendo la traccia del vecchio percorso di accesso. 
                    Una volta essa era probabilmente obbligata tra i muri esterni 
                    e il ponticello con il ponte levatoio. I muri esterni, se 
                    ne scorgono ancora le tracce erano a picco sulle balze della 
                    profonda valle della Vallaccia a nord. Il sentiero si inoltra 
                    nella macchia di aceri campestri e acacie e sbocca sul piazzale 
                    di sud – est che è chiuso su due lati dai resti 
                    di due robuste cortine alte 11 metri che si congiungono ad 
                    angolo acuto seguendo l’orografia rupestre. Il tratto 
                    sud, lungo 12 metri, è coronato da tre merli alla ghibellina 
                    e conserva la scala rampante di pietra (10 gradini) che portava 
                    al cammino di ronda e due nicchie quadrate in corrispondenza 
                    del piano terreno. Il resto di muro a est, lungo 13 metri, 
                    è coronato da quattro merli e presenta tre feritoie 
                    a strombatura e forse tracce del soffitto a volta del piano 
                    terreno. La saldatura tra le due cortine è data al 
                    coronamento da un doppio merlo angolare e alla base da un 
                    contrafforte a sperone alto circa quattro metri. Il paramento 
                    lapideo è di conci squadrati e piuttosto regolari. 
                    Dal piazzale verso sud si gode di un ampia vista panoramica 
                    sulla Val di Cembra, vista chiusa in lontananza dalla piramide 
                    del Palon (Monte Bondone) prima lo sguardo si sofferma su 
                    dossi dei castellieri di Sevignano, di Lona, di Faver, di 
                    Lasés e il doss Venticia.
                    Il sentiero poi prosegue nella macchia, costeggia il “Bus 
                    del Picena” che è il resto di un ambiente forse 
                    di guardia o di servizio posto sull’orlo nord – 
                    est della roccia, verso il precipizio della Vallaccia. Da 
                    qui si può salire sul “cubo” di porfido 
                    centrale, il punto più alto di tutto il complesso, 
                    oggi ammantato da un boschetto di pini silvestri e di carpini 
                    neri tra i quali si scorgono ancora degli spezzoni di muri 
                    che forse sono da attribuire al mastio. Parrebbe che il mastio, 
                    a base quadrangolare, misurasse alla base 10x12 metri e chi 
                    i muri fossero spessi circa 2 metri. Poco oltre si raggiunge 
                    la piattaforma orientale che misura circa 30 metri in lunghezza 
                    e 20 in larghezza. La roccia levigata (forse artificialmente) 
                    è oggi circondata da carpini e bassi cespugli che nascondono 
                    i resti dei muri. A sud verso i vigneti di Sotto Castello, 
                    il dosso è terrazzato. Nella roccia a picco si intravedono 
                    a tratti avanzi di fabbricati e di solidissimi muri. A ovest, 
                    verso il torrente Avisio, c’è lo sperone dal 
                    quale si innalza il rudere scoperchiato della torre di vedetta, 
                    localmente chiamata delle Prigioni. E’ costruita anch’essa 
                    in pietre di porfido squadrato ed è a pianta trapezoidale 
                    aperta verso lo spiazzo. Il fondo è cieco, i due piani 
                    soprastanti sono a volte a botte. Al secondo piano ci sono 
                    due finestre strombate per lato. Quelle sul fronte occidentale, 
                    il più stretto, hanno le strombature di differente 
                    angolazione. Da esse si inquadra l’intero tragitto stradale 
                    che si svolge ai piedi della balza scendendo da Piazzo al 
                    ponte di Cantilaga per poi risalire dall’altro lato 
                    della valle verso Faver.
                  
                   Criteri di progettazione
                  Un castello bellissimo, completamente diroccato.
                    Il dovere più ovvio è quello di conservare e 
                    restaurare.
                    Il dovere meno ovvio è quello di dare un ruolo al castello 
                    ed un senso al suo recupero.
                    Risorse economiche limitate.
                  Il primo compito del progetto è quello di risolvere 
                    queste apparenti contraddizioni.
                  La soluzione è nella definizione di una strategia 
                    evolutiva:
                    realizzare interventi che siano immediatamente efficaci e 
                    al tempo stesso costituiscano il primo nucleo di un lavoro 
                    sul castello che potrà essere di maggiori ambizioni 
                    e più ampi orizzonti temporali.
                  E’ certamente prioritario arrestare il degrado del 
                    castello e mettere in sicurezza i manufatti esistenti. E’ 
                    indispensabile definire un rilievo critico dell’ esistente 
                    e avviare una indagine conoscitiva più approfondita.
                  Altrettanto doveroso è però definire una strategia 
                    di intervento che precisi gli obiettivi generali, l’evoluzione 
                    dell’intervento nel tempo,la ripartizione ed il reperimento 
                    delle risorse.
                    Sono purtroppo molti gli interventi che a distanza di pochi 
                    anni hanno visto riprendere il degrado proprio perché 
                    il restauro non si inquadrava in una logica complessiva di 
                    valorizzazione e fruizione del manufatto che sola può 
                    garantirne l’efficacia.
                  Il progetto sceglie senza ambiguità di lavorare parallelamente 
                    su due tipi di obiettivi:
                    -compiere un rilievo critico, arrestare il degrado, restaurare 
                    le emergenze architettoniche principali, mettere in sicurezza 
                    percorsi e manufatti.
                    -definire i modi della fruizione e il ruolo del Castello per 
                    un suo pieno inserimento nella offerta turistica della Val 
                    di Cembra.
                   
                    Il progetto di consolidamento conservativo
                    Dal punto di vista del progetto va fatta qui un importante 
                    premessa. Trovandoci ad operare in un sito archeologico che 
                    non si vuole per il momento alterare per le ragioni sopraesposte 
                    è stato tuttavia, anche in seguito ad un sopralluogo 
                    con il funzionario competente del Servizio Beni Archeologici 
                    della P.A.T., concordato di eseguire degli interventi minimi 
                    per consentire una documentazione dello stato di fatto.
                  
                  Indagini archeologiche
                    Si conferma in sostanza lo stato di rudere del sito e non 
                    si interagisce con il sottosuolo che per ora rimane intatto. 
                    Si prevede invece una pulizia di tutta la vegetazione infestante 
                    che attualmente cresce addossata ai brani murari superstiti 
                    e in alcuni casi li copre completamente. Si prevede inoltre 
                    l’asportazione della vegetazione infestante e la pulizia 
                    dei piani pavimentali per la preparazione di sondaggi di scavo 
                    archeologico. Tali sondaggi oltre che nei luoghi che appaiono 
                    di maggior interesse, sono previsti in tutti i punti in cui 
                    saranno posizionate le strutture di nuova realizzazione. Bisogna 
                    infatti evitare di interferire in alcun modo con le eventuali 
                    preesistenze. Si prevede inoltre di asportare i materiali 
                    di crollo dall’interno della torretta, con la seguente 
                    verifica del materiale di scavo, si propongono inoltre saggi 
                    di scavo sugli strati sottostanti i materiali di crollo ed 
                    i detriti, con un rilievi effettuato passo passo degli strati 
                    scavati ed il seguente riordino dei risultati su mappe referenziate. 
                    Infine sempre nell’ambito dei sondaggi preliminari si 
                    prevede uno scavo in trincea con la rimozione della cotica 
                    erbosa che attualmente copre la spianata all’interno 
                    dello sperone merlato e soprattutto quella antistante alla 
                    torretta. Molti studiosi hanno affermato a più riprese 
                    che potrebbero essere delle spianate artificiali, scavate 
                    dall’uomo. Tutte le operazioni qui descritte saranno 
                    eseguite da ditta specializzata in lavori archeologici e in 
                    presenza e sotto la supervisione di funzionari dell’Ufficio 
                    Beni Archeologici della P.A.T.
                  Analisi morfologica e analisi delle conservazione 
                    delle strutture
                    Data la natura luogo, aspra e fittamente coperta di vegetazione 
                    non è stato agevole attuare un’indagine morfologica 
                    e della conservazione delle strutture preventiva. Tuttavia 
                    in previsione del progetto di consolidamento conservativo 
                    del castello di Segonzano si è cominciato ad eseguire, 
                    laddove non è risultato impossibile per le particolari 
                    condizioni orografiche, una sovrapposizione delle riproduzioni 
                    fotografiche dei prospetti sui rilievi topografici precedentemente 
                    eseguiti. Su questa base sono state condotte le prime riflessioni 
                    critiche sulle tessiture murarie superstiti, propedeusi necessaria 
                    ad un qualsiasi intervento progettuale.
                    La convinzione infatti è quella che l’approfondimento 
                    di un analisi morfologica strutturale sia uno dei passaggi 
                    fondamentali per la valutazione degli interventi di restauro 
                    e di consolidamento. Come siamo convinti della necessità, 
                    in determinate condizioni, dell’analisi stratigrafica 
                    per l’individuazione di aree cronologicamente omogenee, 
                    delle sovrapposizioni, dei ripensamenti, delle reintegrazioni 
                    e dei restauri avvenuti nel corso della storia di un bene 
                    architettonico. La metodologia di intervento si basa su alcuni 
                    passaggi stabiliti in partenza e che si possono riassumere 
                    come segue: l’acquisizione delle informazioni di carattere 
                    generale; la schedatura dei caratteri tipologici dei paramenti 
                    murari; l’individuazione della conformazione strutturale 
                    della sezione; l’individuazione dei punti e delle linee 
                    di collegamento e di discontinuità tra i diversi momenti 
                    costruttivi; la valutazione mediante le prove strumentali 
                    più appropriate a seconda del caso delle condizioni 
                    di “stress” delle strutture; la definizione dei 
                    componenti chimico
                    fisici dei leganti e degli inerti ed infine la formazione 
                    di un abaco per la catalogazione e la illustrazione dei parametri 
                    fin qui illustrarti. Le tavole del rilievo, del rilievo critico 
                    e delle ipotesi di consolidamento allegate al progetto rappresentano 
                    l’esito di questo lavoro condotto con le limitazioni 
                    fisiche poco fa ricordate. Infatti è quasi superfluo 
                    ribadire che tali analisi sarà completata e portata 
                    avanti molto più agevolmente quando saranno innalzati 
                    i ponteggi intorno alle murature esistenti. A quel momento 
                    sono rimandate, e qui si ricordano a puro titolo esemplificativo, 
                    anche le analisi delle buche pontaie e delle tracce d’imposta 
                    delle travature, con eventuali analisi dendrocronologiche 
                    delle travature o delle tracce di travi rinvenute, oltre che 
                    il rilievo accurato di tutte le superfici murarie. 
                   
                    IL PROGETTO 
                  Il castello: “un percorso”
                    A valle dell’iter conoscitivo “tradizionale” 
                    (rilievi e analisi dei manufatti) si è quindi provato 
                    a cambiare chiave interpretativa e ad analizzare il castello 
                    da altri punti di vista, certamente meno scientifici, ma forse 
                    più aderenti alla reale natura fruitiva e percettiva 
                    di ogni visita ai monumenti. Il castello si incontra all’improvviso, 
                    dietro l’ultimo muro prima del cimitero di Piazzo. Ci 
                    costringe a lasciare l’auto e ad avvicinarci a piedi, 
                    regalandoci la stessa prospettiva che suggestionò Duerer 
                    (e l’autore del ritratto del 1788 nel quale il castello 
                    compare sullo sfondo) e che lo isola, unico manufatto costruito, 
                    sullo sfondo dei vigneti e del bosco.
                    Lungo la salita svela la forma dei merli, le feritoie, le 
                    superfici del costone roccioso.
                    Giunti ai piedi dello sperone merlato, la prospettiva cambia 
                    e la torretta ci rivela il suo lato lungo. Si attraversano 
                    alcuni vigneti e si sale la rampa che porta alla spianata 
                    della torretta, ripiano orizzontale dal quale si gode una 
                    drammatica vista sul torrente Avisio.
                    A partire da questo punto il castello, qui ormai completamente 
                    distrutto, diventa una sorta di percorso tra gli alberi. Le 
                    parti costruite residue sono assenti o appena affioranti lungo 
                    il precipizio. E’ questa la parte in cui per così 
                    dire il castello è “assente” e dove il 
                    progetto ha poi concentrato l’intervento più 
                    evidente: le piattaforme di legno e la torre del mastio.
                    Curiosamente però le masse alberate (che il progetto 
                    propone di conservare in buona parte) ricostituiscono idealmente 
                    il profilo del castello tra la torretta e lo sperone.
                    Si sale quindi tra gli alberi e quando si ridiscende si svela 
                    finalmente il possente angolo interno dello sperone merlato 
                    e al di là di un basso muro lo spettacolo della Valle 
                    fino al Monte Bondone.
                  Il Castello dunque dal punto di vista percettivo 
                    è il suo percorso di visita, la sequenza delle prospettive 
                    e visuali che ci propone, gli spazi aperti appena limitati 
                    dallo sperone e dalla torretta.
                  Il progetto: “un percorso”
                    Il progetto accetta ed elabora questa strana natura del castello 
                    come percorso narrativo che inanella una serie di spazi aperti, 
                    ora dominati dallo sperone e dalla torretta, ora affacciati 
                    sulla valle o sul torrente Avisio, ora all’ombra degli 
                    alberi.
                    La reale fruibilità del castello sarà dunque 
                    nella sequenza e nella differenziazione di questi diversi 
                    ambiti che si intende precisare meglio nelle caratteristiche 
                    e negli usi possibili.
                    Per quanto concerne il percorso vero e proprio si propone 
                    di lasciare praticamente inalterato il tracciato di quello 
                    esistente (che nella logica di fondazione medioevale segue 
                    la minor pendenza) e di farlo divenire il percorso di visita.
                    Il materiale proposto è il calcestruzzo architettonico 
                    tipo chromofibra, utilizzato spesso in contesti di valore 
                    storico ambientale (Palazzo Pitti, S. Croce, Assisi, ecc.); 
                    la scelta degli inerti (in questo caso porfido locale) e la 
                    colorazione del legante consentono di realizzare superfici 
                    sufficientemente ruvide e poco “artificiali”.
                    La pavimentazione sarà intervallata da cordoli di porfido 
                    a distanza variabile in funzione della pendenza del terreno 
                    con i quali saranno realizzati anche i gradini dove necessario. 
                    Il calcestruzzo architettonico non sarà spianato sui 
                    bordi verso il terreno per non definire in modo troppo netto 
                    il limite verso l’erba e non alterare il carattere del 
                    percorso.
                    A proposito della visita al sito del castello si sottolinea 
                    che è garantita l’accessibilità ai disabili 
                    in tutte le parti di nuova progettazione. Per le parti esistenti 
                    invece si è cercato laddove non esistono le pendenze 
                    a norma di legge di prevedere comunque degli spazi di sosta 
                    e di riposo, tuttavia si richiama il fatto che l’accessibilità 
                    dovrà essere garantita, per il primo tratto di rampe, 
                    da mezzi meccanici motorizzati. 
                  
                  
                  
                    Il progetto: reversibilità
                    Uno degli assunti iniziali del progetto è quello di 
                    realizzare strutture che siano differenziate per materiale, 
                    tecnologia e forma dalle preesistenze al fine di evitare ogni 
                    possibile ambiguità.
                    Inoltre le tecnologie scelte devono consentire la totale reversibilità 
                    dell’intervento qualora la futura disponibilità 
                    di più ingenti risorse consenta di impostare più 
                    ambiziose campagne di scavi e relative operazioni di restauro.
                    Le fondazioni in particolare si sono orientate su 4 diverse 
                    caratteristiche a volte compresenti o intercambiabili tra 
                    loro:
                    1) fissaggi alla roccia tramite tasselli chimici (interventi 
                    puntuali e bene individuati che non lasciano praticamente 
                    traccia dopo una eventuale rimozione)
                    2) plinti in cemento armato dove necessario, realizzati però 
                    quasi fuori terra e adeguatamente coperti dalle strutture 
                    lignee progettate.
                    3) geometria della struttura che consenta massima libertà 
                    agli appoggi per evitare eventuali preesistenze rinvenute 
                    sotto lo strato di terreno superficiale.
                    4) evitare ogni tipo scavo per non interferire con le preesistenze 
                    del sottosuolo proponendo soluzioni alternative se necessario 
                    (sono ad esempio le zone dove le indispensabili protezioni 
                    del percorso pedonale sono realizzate con gabbioni in rete 
                    e pietrame).
                  
                  La torretta
                    Si propone di dare al visitatore la possibilità di 
                    accedere allo spazio interno della torretta e di affacciarsi 
                    alle finestre ed alle feritoie.
                    Si definisce pertanto una passerella in legno lamellare che 
                    termina in una piccola piattaforma nella zona delle feritoie 
                    al livello intermedio dei tre della torretta.
                    La passerella in legno è semplicemente appoggiata alle 
                    imposte delle volte esistenti (per non danneggiare in alcun 
                    modo la struttura) ed è costituita da travi in legno 
                    lamellare sulle quali è fissato un assito di tavole 
                    ancora in legno di larice lamellare.
                    Altro obiettivo è quello di lasciare libera la lettura 
                    dei tre livelli della torretta ed è per questo motivo 
                    che la passerella è ridotta al minimo nella parte iniziale.
                    Una piccola scala metallica di servizio garantisce un accesso 
                    al livello inferiore per la pulizia e la manutenzione.
                    Anche la scelta del sistema di illuminazione intende sottolineare 
                    i tre livelli dell’edificio illuminando dal basso i 
                    due inferiori e con un piccolo proiettore quello più 
                    alto.
                    Anche dall’esterno appositi proiettori su palo illumineranno 
                    i prospetti della torretta.
                  La spianata della torretta e la panca/parapetto
                    Sulla spianata della torretta si propone di asportare lo strato 
                    di terreno superficiale e riportare alla luce lo strato roccioso 
                    sottostante (dopo aver realizzato gli opportuni saggi esplorativi 
                    in presenza di un tecnico archeologo).
                    Quest’area propone uno dei temi ricorrenti del progetto: 
                    la protezione dei percorsi pedonali. In questo caso si propone 
                    di definire una lunga panca/parapetto in legno, che segue 
                    un'unica linea orizzontale, divenendo di volta in volta seduta 
                    o piano rialzato.
                    Da questo sarà possibile affacciarsi verso il torrente 
                    Avisio ed il ponte di Cantilaga, o più semplicemente 
                    apprezzare le tracce murarie dalle quali la panca si terrà 
                    adeguatamente scostata.
                    Al di sotto del piano di seduta una linea di luce illuminerà 
                    dal basso la piastra di roccia enfatizzandone ogni variazione.
                    Sul lato opposto la protezione cerca invece, come per la parte 
                    iniziale del percorso di accesso, la massima trasparenza. 
                    Per questo motivo è prevista una ringhiera in acciaio 
                    zincato che ripete nella sua linea poligonale la costa frastagliata 
                    delle rocce sottostanti. Queste ultime, come anche i muri 
                    di contenimento limitrofi saranno illuminati da piccoli proiettori 
                    incassati a terra alla base del muro.
                  
                  
                  
                   
                  Lo sperone
                    Parte forse più importante del Castello, dove verosimilmente 
                    potranno tenersi spettacoli o piccole manifestazioni. La volontà 
                    di valorizzare al massimo grado il manufatto e lasciare libera 
                    la prospettiva interna ha comportato la rinuncia al percorso 
                    di ronda metallico inizialmente previsto nel progetto preliminare. 
                    Si prevede la definizione di due piastre in legno, una più 
                    larga e bassa dove saranno verosimilmente disposte le sedie 
                    in occasione degli spettacoli; una seconda piastra poligonale 
                    rialzata (60 cm) anche questa in legno di larice lamellare 
                    potrà invece ospitare un piccolo palco che godrà 
                    del lato interno dello sperone come fondale prospettico. L’area 
                    sarà liberata dal manto erboso per metterne a nudo 
                    il presunto sostrato roccioso, dopo aver realizzato un’opportuna 
                    trincea esplorativa in presenza di un tecnico archeologo della 
                    P.A.T.
                    Si prevede l’inserimento delle due pedane, di forma 
                    irregolare, a quote differenti con funzione di palcoscenico 
                    l’una e l’altra con funzione di platea. Queste 
                    pedane saranno realizzate con un assito di legno lamellare 
                    di larice di larghezza 160 mm e di spessore 63 mm, montato 
                    su una orditura di travetti in legno di larice, con un passo 
                    di 200 cm ed una sezione di 16x12 cm, che poggeranno a loro 
                    volta, a seconda delle caratteristiche del terreno, o su un 
                    supporto metallico assicurato alla roccia con dei tasselli 
                    chimici o su dei plintini di cemento delle dimensioni di circa 
                    20x20x40 cm. Nel caso dei plinti, che prevedono un sia pur 
                    modesto scasso del terreno (circa 20 cm in profondità), 
                    bisognerà prima procedere con sondaggi, sempre in presenza 
                    di tecnico archeologo abilitato, per verificare la compatibilità 
                    di questo tipo di fondazioni con eventuali preesistenze monumentali. 
                    Nel caso di interferenza, la struttura progettata si comporta 
                    come una sorta di “millepiedi”, cioè infittendo 
                    o allargando l’orditura di base si riusciranno a scavalcare 
                    o ad aggirare tutte le preesistenze. Questo sistema consentirà 
                    in futuro di poter smontare queste strutture anche solo parzialmente. 
                    Questo nel caso in cui fossero messe a disposizione delle 
                    risorse finanziarie tali da consentire una o più campagne 
                    di scavi archeologici. Sul lato opposto lunghe panche in legno 
                    si adeguano alle variazioni di quota del terreno e garantiscono 
                    una comoda fruizione dell’area nelle zone dove maggiore 
                    è la panoramicità.
                  
                  Le vele
                    Le due pedane dello sperone saranno sormontate da tre vele 
                    di forma romboidale, per un estensione complessiva di circa 
                    180 mq. Queste vele sono ancorate a terra da 4 pali ciascuna, 
                    in acciaio a sezione circolare del diametro di 80 mm e si 
                    svolgono e riavvolgono su una sorta di albero centrale (la 
                    tecnologia è mutuata da quella delle barche a vela). 
                    Un anemometro comanda al motore di riavvolgere la vela al 
                    di sopra di una certa velocità del vento.
                    Cosa più importante le vele una volta chiuse hanno 
                    un impatto pressoché nullo a tutto vantaggio della 
                    prospettiva interna dello sperone. Si propone infine di colorare 
                    le vele con i colori dello stemma Comunale (rosso e blu)
                  Si propone inoltre la riedificazione simbolica della Torre 
                    del Mastio, nella stessa posizione in cui verosimilmente sorgeva, 
                    ma di dimensioni più contenute e di forme più 
                    astratte (ovviamente si manterrà una adeguata distanza 
                    dalle tracce murarie della vecchia torre e ogni minima opera 
                    di fondazione sarà preceduta da opportuni saggi).
                  L’obiettivo non è naturalmente quello del “reintegro”, 
                    né dal punto di vista formale né tanto meno 
                    da quello ideale. Il tentativo è piuttosto evocativo, 
                    ricreare “in trasparenza” un volume che è 
                    esistito per dare il segno del risveglio del castello dopo 
                    oltre due secoli di degrado e rovina, e soprattutto per favorire 
                    una lettura critica del complesso, almeno dal punto di vista 
                    delle volumetrie e delle relazioni che tra esse si instaureranno, 
                    riscoprendo i rapporti che le varie parti avevano fra loro 
                    e che tutte insieme esercitavano sul paesaggio circostante. 
                    Si propone dunque la costruzione di un volume vuoto, di pianta 
                    quadrata di 8 metri per lato e che si sviluppa in altezza 
                    anche per 8 metri dal piano di calpestio.
                    Sarà realizzato con una struttura portante formata 
                    da pilastri in legno di sezione rettangolare 14x26, quattro 
                    per lato, ancorati a terra mediante una piastra metallica 
                    a “c” rovescia opportunamente legata alla roccia 
                    mediante tasselli chimici (in alternativa si potranno utilizzare 
                    plinti in c.a. completamente fuori terra ma nascosti nel basamento 
                    ligneo della torre)
                    La struttura principale sarà opportunamente controventata, 
                    con elementi metallici sempre in ferro zincato. Le pareti 
                    della torre saranno costituite da un brise soleil in listelli 
                    di larice lamellare a sezione trapezoidale di circa 63x120 
                    mm.
                    Tali listelli avranno un andamento disuguale, saranno cioè 
                    più fitti in basso e andranno diradandosi sempre più 
                    verso l’alto.
                    La trasparenza sarà pertanto la caratteristica fondamentale 
                    delle superfici della torre, quasi un fantasma della vecchia 
                    torre del mastio della quale evoca la presenza e soprattutto 
                    i rapporti con il resto del castello.
                    Una tenda avvolgibile su albero centrale collocata lungo la 
                    diagonale del quadrato e del tutto analoga a quelle previste 
                    per lo sperone consentirà di ombreggiare e riparare 
                    dalla pioggia questo spazio. La nuova torre del mastio non 
                    ospiterà al suo interno altro che una piastra in legno 
                    come quelle già descritte che tuttavia per la sua posizione 
                    privilegiata sarà un vero e proprio belvedere su tutto 
                    il complesso monumentale, godendo inoltre di una vista meravigliosa 
                    che abbraccerà tutta la Valle di Cembra per perdersi 
                    all’orizzonte col profilo del Monte Bondone. La tecnologia 
                    e i materiali di grande semplicità utilizzati per la 
                    realizzazione di questo intervento, quasi più di allestimento 
                    che di architettura, consentiranno anche qui, come nel caso 
                    delle pedane, di rimuovere questo manufatto con molta semplicità 
                    in occasione di future campagne di scavo.
                  
                  
                  
                  Ringhiere e protezioni
                    Una delle insidie progettuali era la definizione delle ringhiere, 
                    indispensabili data la natura del luogo e potenzialmente di 
                    forte impatto dato lo sviluppo delle aree da proteggere.
                    La scelta è stata quella della differenziazione (panca/seduta 
                    in legno e ringhiera metallica) e della mimesi con l’ambiente 
                    naturale (rete metallica abbinata al verde, gabbioni di rete 
                    metallica e pietrame)
                    A seconda della localizzazione le tipologie pensate sono dunque 
                    di quattro diversi tipi. 
                    La panca/ringhiera pensata sul lato nord-ovest della spianata 
                    della Torretta, realizzata con un supporto metallico al quale 
                    sono fissate dei listelli di legno di larice con la doppia 
                    funzione di seduta e ringhiera.
                    Sulla stessa spianata, ma verso sud si colloca una semplicissima 
                    e leggerissima ringhiera in tondini di ferro zincato, la stessa 
                    si troverà anche sulla salita a sud. 
                    Per contenere i costi nelle zone non visibili si è 
                    pensato di usare delle ringhiere in rete elettrosaldata nascoste 
                    all’interno di bordure vegetali in essenze adeguate 
                    e da definire meglio in fase esecutiva.
                    La quarta tipologia, è quella di barriere di sicurezza 
                    formate usando i gabbioni di rete metallica riempiti di pietrame 
                    di porfido e posti comunque sempre in lontananza dai brani 
                    murari esistenti onde non falsarne la leggibilità, 
                    soprattutto da lontano, da vicino essendo impossibile leggere 
                    tali barriere come brani storici.
                    Un vantaggio non trascurabile di questa soluzione è 
                    la possibilità di posarli senza dover fare nessun tipo 
                    di scavo, e quindi di non andare ad interferire col sostrato 
                    monumentale in nessuna maniera. Anche la reversibilità 
                    di tale tecnologia è dunque massima.
                  
                  Il castello di notte
                    Le emergenze architettoniche principali, ovvero torretta e 
                    sperone saranno illuminate dall’esterno con appositi 
                    proiettori orientabili e dalle apposite ottiche, da definire 
                    al meglio in fase esecutiva per garantire una appropriata 
                    visibilità anche da lontano (ad esempio dall’altro 
                    lato della Valle).
                    Il percorso di visita principale sarà illuminato da 
                    proiettori incassati a terra ogni 5/8 m. Questi illumineranno 
                    anche in modo radente il costone esaltando le asperità 
                    della roccia; in corrispondenza di zone di particolare pregio 
                    o resti murari i faretti raddoppiano o sono sostituiti/integrati 
                    da altri proiettori orientabili su palo.
                    Torretta e Sperone, così come la Torre del Mastio saranno 
                    illuminati anche sui lati interni da altri incassi di potenza 
                    variabile. Le piastre di legno sono appena illuminate invece 
                    da piccoli proiettori incassati nei “muri di legno”. 
                    Da valutare infine la possibilità di proiettori colorati 
                    a colore variabile da utilizzare in occasione di manifestazioni 
                    ed eventi.
                  
                  Le forme
                    Si è optato per la realizzazione di strutture che limitino 
                    al massimo l’impatto con il contesto. Dal punto di vista 
                    formale la filosofia che ha guidato l’intervento è 
                    stata quella “di fare un passo indietro” rispetto 
                    al luogo in cui ci si trova a progettare, facendo prevalere 
                    alla gratuità di presunte belle forme, compiute in 
                    se stesse, il rapporto con la prepotente orografia del sito. 
                    Ripercorrendo peraltro la strada già battuta dai primi 
                    costruttori medievali del complesso e dalla famiglia a Prato 
                    sul principio del 1500. Ancora una volta, come in tutti i 
                    castelli alpini è sempre stato, il principio è 
                    stato quello della massima aderenza al terreno ed alle sue 
                    caratteristiche morfologiche.
                  
                  I materiali
                    Anche nella scelta dei materiali da costruzione si è 
                    cercato di scegliere la strada dell’armonizzazione massima 
                    con il sito. L’impiego, quasi esclusivo, del legno di 
                    larice, massiccio o lamellare a seconda dei casi, garantisce 
                    un materiale adeguato al contesto alpino in generale e quello 
                    del castello di Segonzano in particolare. Si ricorda qui, 
                    per inciso, che dai documenti del cinquecento si evince che 
                    tutte le coperture del castello erano realizzate in tavolete 
                    di larese, in scandole di larice cioè. Non è 
                    difficile immaginare il colpo d’occhio che il complesso 
                    dovette offrire per circa tre secoli. Delle imponenti masse 
                    murarie realizzate in porfido grigio e bruno scuro, che si 
                    ergevano sullo sperone di roccia di porfido grigio con le 
                    coperture in larice colore grigio argento. Il tutto incastonato 
                    nelle variazioni dei verdi e dei bruni dei boschi, dei pascoli, 
                    dei campi coltivati e degli orti. 
                    Le strutture metalliche saranno in ferro zincato, di un colore, 
                    quando leggermente patinato, grigio appena più chiaro 
                    del larice, anch’esso in armonia con tutto il resto. 
                    Per i percorsi a terra si è scelto nuovamente di impiegare 
                    materiali con stretta attinenza all’ambiente in cui 
                    ci si trova ad operare. Essi sono proposti in cordoli di porfido 
                    di estrazione locale, per la realizzazione delle alzate dei 
                    piani inclinati e dei gradini. Per la pavimentazione, anche 
                    per il contenimento dei costi, si propone l’uso del 
                    calcestruzzo architettonico nel quale, come inerte si propone 
                    di nuovo l’uso del porfido locale vagliato secondo una 
                    granulometria che consenta di ottenere delle campiture il 
                    più uniformi possibile.
                  
                  
                  Restauro e riuso del Castello di Segonzano/sintesi
                  Design team
                    UNA2 | Paola Arbocò - Pierluigi Feltri - Maurizio Vallino 
                    con Jacopo Tabarelli de Fatis 
                  Luogo
                    comune di Segonzano (Trento)
                  Incarico
                    progetto preliminare/definitivo/esecutivo/direzione lavori
                  Data
                    fine lavori giugno 2007
                  Importo lavori
                    700.000 €