RITMI SILENZIOSI
L’architettura ha sempre dei risvolti ciclici, un po’
per le mode ma soprattutto per reazioni contrarie a queste
nel riscoprire dimensioni già evocate e per riproporle
nel nostro quotidiano.
Mi ricordo una battuta di Francesco Venezia sull’eventualità
di “un pezzo d’architettura” su di un frammento
che nel suo piccolo conserva l’unicità così
come “la straordinaria potenza di uno spazio serrato
tra due mura” può determinare l’evento
di scoprire il “suono del cielo”…
Penso ai suoi “scritti brevi” e all’eremo
diruto… penso all’altare nel paesaggio di Zermani
…penso agli interni di Tadao Ando…vedo balenare
i recinti di Mies… tutto questo per introdurre uno spazio
dove il silenzio è materiale primo, il silenzio con
le stagioni e il colore del cielo, un rapporto semplice, zenitale,
dove ogni orizzonte, ogni tempo si azzera nello spazio, in
un limitato spazio terreno, in un misurato spazio quotidiano…in
questo si raccoglie l’idea del rifugiarsi, nel raccogliere
se stessi, in un ritiro, in un pensatoio.
Mi è sempre forte, nella memoria dell’immaginario,
la figura del S. Gerolamo ritratto nel suo studiolo da Antonello
da Messina, che a catena apre il mondo dei pensatoi dei luoghi
intimi, solitari, ma pubblici nello stesso tempo, luoghi dove
s’intrecciano stanze private & stanze d’artista,
luoghi sublimi, angoli di mondo dove accadde il tutto, pezzi
di paradiso sulla terra, pezzi di terra per riconoscere il
Dio, sento scorrere i XXXIII canti di Dante, sento le musiche
del medioevo che scivolano sino alla scuola romana…ed
oltre sino agli organi e mix, sento profumi di sandalo ed
incenso…
Non è facile cimentarsi sui temi del sacro, soprattutto
nel e per riversare sul sito il senso di luogo…questa
magia, che sta nell’ “ALTA DISCIPLINA DELLA COMPOSIZIONE”
non viene trascritta dai trattatisti ma narrata come cabala,
come misteriose
ricette dove le misture tra opposti o/e omologhi come /senso
& sentimento, intuizione & raziocinio, materialità
& immaterialità, poetica & volontà/
formano i materiali veri altri rispetto alla matericità…la
necessità di comunicare viene prima del linguaggio…
questo si deve sempre tenere a mente, così vale anche
per l’amore…
Il linguaggio quando è stanco e parla su se stesso
imbroglia la comunicazione… confonde il significato…devia
perdendo il senso
Certe volte è “lingua morta”
1 Dire ti amo… non vuol dire amare….
Credo che l’architettura in genere e i suoi critici
si siano annodati in un unico sciarpone amanti ormai più
del linguaggio che dell’architettura…
Così divisi poi in famiglie e parentele che parlano
i loro ristretti idioletti.
Meno male è presente il fiore del web, che porta, una
libera (per ora) rinnovata e fluida discusione, (certe volte
un vero punteggio d’Amburgo), veloce dibattito&informazione,
che da valore alla carta
stampata come registrazione degli eventi…più
importanti, non sempre…
Di questo Pellegrini ne è accorto, la palestra è
Lucca e dintorni dal museo della cattedrale, per poi passare
al museo per la Beata, ed al chiostro di un monastero di clausura…costruire
nel & sul costruito
la messa a punto di relazioni complesse per ricomporre in
un unico organismo…a sistema aperto…come in un
gioco di equilibri sempre da ricomporre…ma questo non
si ferma solo alla fabbrica…diventa un sistema di relazioni
più complesse, i materiali, la trasformazione di questi,
e la messa in opera …un mondo del fare che sembra ricostituirsi
più attorno a figure legate ad un ambito geografico
specifico ed omogeneo…questa nuova realtà definisce
sempre più
e meglio la dimensione del fare in Italia…
Questo lo vedo con lucidità, appartenendo ad una generazione
che
pur non rinunciando non ha avuto occasioni, la distanza del
progetto
dalla produzione reale passava per una linea di prefabbricazione,
mai fondamentalmente applicata, che ha piegato la continuità
della cultura materiale…conservata & recuperata
la dove il vento della
moderna tecnologia non ha raggiunto.
Così questa nuova ondata fatta dai Pietro Carlo Pellegrini
, Andreini, Cecchetto, Ciarlo,Ranzani, Vaccarini , Zucchi,,
…. e 5 +1 & Archea …(tutti quasi raccolti
attorno all’AId’a e non solo…) ed altri
ancora…
sopraggiunta ai matitari, poco costruttori, e ai maestri di
seconda e prima generazione … incominciano a costituire
un nuovo riferimento per i giovanissimi che raccolgono i segnali
sia dalle cose costruite e sia dagli insegnamenti che già
alcuni di loro svolgono nelle aule universitarie.
Sento come un vento di libeccio che da sud sale dando “sapore
di sale” al bacino mediterraneo…quasi come una
riedizione spagnola…
(penso alle scuole di Palermo e Catania, di Reggio e Bari,
di Napoli, di Roma Camerino, di Pescara & Ferrara, di
Genova…etc)
Questo preambolo è pretesto per dare presenza a questo
ultimo progetto di Pellegrini , un complesso edilizio per
il culto della vita spirituale pensato per le Monache Passioniste,
un progetto in fase di costruzione, un luogo di accoglienza
dei pellegrini al Santuario
di S. Gemma a Lucca.
Il disegno primo è un recinto, che si svolge a spirale
…poi si frantuma
ed il gioco dei setti che tendono a racchiudere due volumi
in continua relazione di traguardi tenuti dal regolare perimetro
che definisce il chiostro.
L’altro tema si attesta sulla morfologia della copertura
che nella sua articolazione ne diviene ora copertura del chiostro,
ora copertura dei due edifici , dandone una visione unitaria
e compatta di unico edificio.
Lo spazio si propone asciutto, scarno e semplice, dove solo
il senso della luce genera effetti di riflessi, specchiature,
trasparenze e opacità
alle parti vetrate, zone d’ombra e abbacinanti superfici
assolate per le parti murarie…ma soprattutto, come si
diceva in apertura, il cielo entra
fortemente come piano di comunicazione…le traguardate
feritoie
mirano in uno studiato incrocio di scambio di sguardi…
Pietro Carlo Pellegrini dà ancora un segno dosato,
sobrio, in equilibrio
tra metafisica e organicità…ci fa sperare in
un suo futuro proficuo lavoro.
Ora in cantiere.
Brunetto De Batté