Esiste qualcosa nello studio Rossi,
qualcosa di magico, qualcosa di strano, qualcosa di indefinibile,
forse è un virus maledetto che azzera le lancette degli
orologi,
che contamina i pensieri, che allieta le domeniche e le serate,
che diffonde un fresco profumo di aria fresca.
Tra tavoli sempre colmi di cartaccie, libri, cataloghi e ammennicoli
vari si aggira
uno zio giovanissimo, un bravo ragazzo, una curiosa fanciulla,
un diligente elfo,alcuni collaboratori saltuari, un fanatico
dell' HADID in trasferta ligure.
Alla mattina iniziano a ridere e a lavorare nello stesso tempo,
perché per loro progettare,
lavorare è come “respirare ; una funzione vitale
ne troppo lenta ne persistente ma costante” come diceva
corbu. ( e questa frase è scritta anche sulla cassetta
dello scarico del WC)
Lo zio giovane, giovanissimo, ma oramai con l’esperienza
dello zio,
coordina e diffonde come per indovena una sola grande ed unica
cosa:
la dose quotidiana di passione.
Si respira un’aria serena e primaverile allo studio
Rossi,
siamo in provincia si, ma che importa!?
Si lotta con gli sciacalli, con i leoni, con le normative
ma tutto si supera o si sistema.
Un giorno un concorso, un giorno un incarico di regime, un
giorno un committente colto ed illuminato, un altro uno che
l’architettura pensa sia il capriccio dello zio ecc
ecc
Ma tutto procede, si macina… si pensa.
Ecco appunto…
Se per un attimo mi libero dell’appellativo di bravo
ragazzo
( chissà poi perché i discoli sono sempre etichettati
così)
e guardo lo studio Rossi, dall’alto da molto in alto,
con il dovuto distacco…
senza credere di farne parte
devo ammettere che in quel luogo a due livelli, al numero
27 di una strada di provincia
si fa un’unica, piccola grande, cosa.
Si cerca di pensare….di fare dell’architettura
pensata.
Mi ritrovo sul tavolo il progetto di una villa monofamiliare,
me la ritrovo quasi impacchettata perché tanti giovani,
tanti collaboratori sono passati dalla mia scrivania…
un gesto progettuale semplice, indolore,
che potrebbe persino passare inosservato ad occhi distratti
gesti semplici, piccole pieghe di un muro di contenimento
che nasconde e protegge il piano terra dell’abitazione,
una scala minimalista in ca agganciata come un monolite al
muro che sembra farti lievitare non appena inizi a salire….
Cuffie, ampie vetrate…luce che filtra dall’alto.
Un patio dal quale si intravedono i terrazzamenti liguri e
i muri a secco, gli ulivi…il cielo
Un salone ampio dal quale attraverso semplici serramenti a
disegno si accede al loggiato
dal quale scrutare i mille colori della mediterranietà…
dai verdi, agli azzurri, passando per i grigi , dagli alberi
al mare, passando per la pietra locale di rivestimento, e
il panorama mozzafiato su uno dei borghi più belli
di liguria.
Un architettura, perché di questo stiamo parlando se
pur in costruzione,
che dialoga e completa il “villaggio del Poggio”
dell’architetto Leonardo Mosso dei primi anni sessanta.
Architetto, insegnante, già allievo di alvar alto progetta
un organismo
descritto dalle balze naturali del terreno, parallele ad esso
e concentrato in piccoli nuclei
organizzati in corrispondenza del lato a monte per favorire
il massimo godimento del verde in prossimità delle
abitazioni (pubblicato sul catalogo bolaffi dell’architettura
italiana del 1963 – 66).
Dopo Mosso, tra pini marittimi, cipressi mediterranei, e ulivi
è arrivato lo studio Rossi,
con la villa su due piani, uno fuori terra e l’altro
parzialmente seminterrato per non far apparire la casa troppo
“alta” , disposta planimetricamente in modo da
completare l’organico villaggio del poggio progettato
da Mosso.
L’aspetto formale della casa è determinato da
un’attenta lettura critica degli elementi compositivi
ed architettonici che caratterizzano le case del poggio: è
prevista la conformazione morfologica a volumetria piena e
materica, l’adozione di elementi architettonici ricorrenti
quali la finestra a proporzione quadra ed a filo arretrato
rispetto alla facciata, la chiusura a scuri in legno, la copertura
piana a giardino, il camino massivo, il basamento in pietra,
ecc.
Un muro in pietra attraversa interamente la casa, si insinua
nel suo interno, nelle sue viscere, perimetrando prima la
cucina e poi il patio e l’esterno del giardino.
Una fessura grigliata sul pavimento lo distacca, la pietra
è illuminata dalla luce naturale proveniente dall’alto
durante il giorno, mentre alla sera la casa si chiude in se
stessa e le pietre sono illuminate da apposita illuminazione
artificiale predisposta nella fessura.
Il livello inferiore dispone di solo due bucature; la prima
è aperta dietro una feritoia ricavata dallo slittamento
del muro perimetrale, al fine di non apporre alcuna finestratura
sulla facciata. La seconda apertura è prevista sulla
facciata nord, in corrispondenza del secondo patio. Sicuramente
l’elemento architettonico caratterizzante il villaggio
del Poggio è il particolare taglio della finestra.
Il muro, lasciato nel suo materico spessore, ospita le bucature
incastonate all’interno di profonde nicchie. Le finestre
quindi partono da un filo molto arretrato rispetto all’esterno
della facciata, penetrano negli spigoli e tagliano il muro
con aperture dalle proporzioni tipicamente mediterranee.
Una delicata chiusura pieghevole in legno a vista conclude
la finestra tipo.
Il progetto propone l’utilizzo della finestra in coerenza
con quanto introdotto dal progetto originario di Leonardo
Mosso; in virtù di ciò ogni altro elemento caratterizzante,
quali i camini, il tetto-giardino, la leggera cornice di gronda,
le proporzioni a volume chiuso, sono riproposti al fine di
armonizzare l’inserimento della casa in progetto.
Il patio è l’elemento ricorrente dell’abitare
mediterraneo.
Un’architettura attenta al contesto, organica
ed essenziale che prende in prestito il linguaggio di un Neutra.
L’immagine finale mi ricorda la Casa Kaufmann di Palm
Springs in California del 1946, sublime bellezza ed essenzialità,
tetti piani, superfici orizzontali interrotte da camini, ampie
porzioni vetrate su un contesto che oggi chiamiamo paesaggio
in maniera referenziale quasi a volerci scusare delle barbarie
passate. La casa, secondo Neutra, non può confondersi
nella realtà con il paesaggio perché gli elementi
che la costituiscono derivano da magazzini o laboratori e
la loro curabilità nel tempo è infinitamente
minore degli elementi del deserto in cui costruiva. L’
opera umana è infatti artificiale e come tale temporanea.
Neutra ci mostra un ricercato rapporto tra natura e architettura,
cercando di migliorare il comfort e gli standard di vita dei
californiani. Lavora sul costante rapporto tra interno ed
esterno. Non mi permetto di accostare villa asp ad un Neutra
o addirittura a Wright, nostri sublimi maesti, ma se è
vero che un buon progetto di architettura, un progetto di
qualità nasce da questi valori, questa villa dello
studio Rossi è sicuramente un’opera prima, pensata,
attenta…
E se è vero che un progetto può ritenersi riuscito
quando non ci si dorme di notte, posso assicurarvi che per
i progetti di Mario Clemente Rossi è cosi, perché
lui, noi, progettiamo costantemente andando al cinema, andando
in moto o cercando di addormentarci…
Perché questa è la nostra passione, abbiamo
deciso e continuiamo a crederci nonostante le mille difficoltà
quotidiane. E’ la nostra “febbre” portata
dal virus malefico.
Come disse Neutra , il pionere dell’architettura
ecologica nel suo libro “Survival Through Design",
scritto più di cinquanta anni fa, e ampiamente dimenticato
:”Tutti in nostri costosi investimenti a lungo termine
nel nostro ambiente costruito, dovrebbero essere legittimati
solo se i progetti possiedono un alto e dimostrabile valore
(qualità) di vivibilità (sostenibilità).
Tali progetti devono essere sviluppati da una professione
educata in responsabilità sociale, qualificata, e attenta
a contribuire alla sopravvivenza della specie che corre il
grave pericolo di autodistruggersi".Forse Neutra è
passato da qui? Ha conosciuto qualcuno dello studio Rossi.
Non lo so ma mi piace pensar di si, perchè questa come
mille altre colte, intelligenti, e come mille gesti progettuali
sono il pane quotidiano di Mario Clemente Rossi Architetto.
Peccato per due sole cose, la villa non ha la piscina e lo
studio Rossi affonda le sue radici solo al razionalismo…peccato
…ma credetemi non è poco! È il suo modo
per galleggiare, non costruire vasche per non annegare!
Giacomo Araldi airaldi@archandweb.com
credits: studio rossi
mario clemente rossi architetto
hanno collaborato al progetto:
arch. G. Airaldi, arch. F. Fabiano, arch.L.Latini, arch.C.
Manarola, arch.M. MArrancone, arch.M. Mori,geom. M. Pera
consulenti: A.Scarpati (geologia), G. Saguato SALP(strutture),
C. Giordano (topografia)
tema del progetto: villa
committente: Privato
luogo: Loc. Poggio, Cervo (IM)
Cronologia: progetto 2004 - cantiere 2006
WORKS in PROGRES >>
ogni mese verrà pubblicata una foto del caniere, tassello
dopo tassello, nasce l'architettura...
prossimamente >> 01.01.2006