Pubblichiamo un interessante scambio di sensazioni e ragionamenti,
avvenute esclusivamente in forma digitale tra Brunetto De
Batté e Giovanni Vaccarini. Un legame nato in rete,
per la rete e per far rete, cullato da alcune ottime realizzazioni
dello Studio di Giovanni Vaccarini, uno degli indiscussi protagonisti
della nuova generazione di professionisti. Colto, coraggioso,
il cui sapiente lavoro inizia a essere riconosciuto a più
voci come il "nuovo orizzonte Italiano". Un architetto
che si definisce ai margini, adriatico...., temi a noi molto
noti e che cavalchiamo quotidianamente. Inneschi, dibattiti,
riflessioni, visioni e figure, nate dai bit e che fanno rete,
diventano voce al cellulare, si trasformano in incontri reali.
"La molteplicità degli sguardi è una ricchezza
da non disperdere" come non essere d'accordo con Vaccarini?
La sua molteplicità di sguardi ci arricchisce ancora
una volta, un professionista colto, da tenere sotto costante
controllo, per le sue opere e per le acute osservazioni che
emergono dai dialoghi-pensieri , molteplicità non comuni
nell'attuale dibattito architettonico italiano.
Buona lettura, buone figure .....Giacomo Airaldi
domenica 8 gennaio 2006, 11.24 VACCARINI >>
Ill.mo Prof. Brunetto De Batté,
ho sfiorato suoi scritti, immagini ed allestimenti,
nel piccolo mondo che abitiamo ci si conosce e sfiora in
continuazione, ma raramente riusciamo a fare "rete",
svelare le idee alla base delle "figure".
Alla prima occasione sarei felice di incontrarla.
(le allego alcune "figure")
giovanni vaccarini
domenica 8 gennaio 2006, 18.30 DE BATTE' >>
Caro Giovanni Vaccarini
carissimo Giovanni
conosco le tue opere
viste in arch'it, par@metro.it,
sui cataloghi vari, dagli almanacchi e altre pubblicazioni...
e ho visto una tua opera sfrecciando... ma mi ha colpito.
ho sempre apprezzato il tuo lavoro
e ti seguo...
tanto è vero
che in qualche saggio/articolo
ti ho citato tra i più importanti nuovi architetti...
le mie scelte non sono per mode, né per forme/figure
(anche se ho
grandi passioni per le belle figure/forme)
ma considero l'architettura uno strumento sociale
formativo ed evolutivo (il luogo dello scambio sociale dalla
cultura
del fare al sapere)
lo spazio come fonte di educazione
e credo che il tuo procedere sia in questa linea
di un procedere sapiente, artigianale, colto, ed inserito
in un
contesto...
Questo aggancio... potrebbe produrre un testo sui tuoi progetti...
perchè no!
un caro saluto
B.
lunedì 9 gennaio 2006, 9.05 VACCARINI
>>
grazie molto per le parole ed i pensieri,
il confronto (costruttivo) è una cosa tanto preziosa
quanto rara nel
nostro paese;
sari felice di incontrarla,
dovrei essere a milano per fine mese/primi di febbraio, proverò
a
programmare una deviazione in liguria.
Di nuovo grazie
cordialità
giovanni vaccarini
lunedì 9 gennaio 2006, 14.31 DE BATTE' >>
ti aspetto volentieri
dimmi
B
Brunetto De Batté
domenica 15 gennaio 2006, 17.33 DE BATTE'
>>
quando passi da genova...?!!!
così mi organizzo
puoi inviarmi un po' di testi sulle figure che ho ricevuto...
a presto
Brunetto De Batté
lunedì 16 gennaio 2006 20.40 VACCARINI
>>
mi scuso ma ho soltanto ora il tempo di leggere le mail,
ancora non riesco ad organizzarmi x passare,
ma ti farò sapere appena possibile.
ti invio oggi stesso dei materiali per ogni "figura"
a presto
giovanni vaccarini
martedì 17 gennaio 2006, 20.32 VACCARINI
>>
scusa il ritardo,
provo a mandarti qualcosa di organico,
ma ti chiamerò domani per parlarne
a presto
giovanni
martedì 17 gennaio 2006, 22.21DE BATTE'
>>
ricevuto
Brunetto De Batté
tel. su cell. mercoledi 18 0re 13 DE BATTE'
VS VACCARINI >>
venerdì 20 gennaio 2006 12.28 DE BATTE' >>
Casa Capece _Venanzi Ë una casa suburbana;
una casa nata nella conurbazione diffusa della costa adriatica
in una delle
possibili aree di una città qualsiasi nel segmento
tra Ascoli e Pescara. ..
Mi intriga questa tua casa, anche per queste bucature fumettare,
mi
rimandano a krazy kat e... al mondo onirico dei cartoon ...
come se il
coniglio Rabbit
abitasse li, ma mi intriga moltissimo proprio per la sua stranietà,
nel
porsi all'attenzione, nel disporsi nel paesaggio di costa
adriatica in
continua mutazione di segni e segnali...
questo balza in avanti, ma anche gli altri sono fini progetti.
questo tuo modo di lavorare, nella tassonomia cromatica dei
materiali, ai
tagli nervosi e di piegature di pareti, che squamate si attestano
al
concetto unico foglio tagliuzzato e ripiegato...
è notevole questo tuo procedere
- ma condividi le tesi di Pugliesi sul tuo lavoro?
- quale basi teoriche poni alle tue esplorazioni formali?
- come ti rapporti con il territorio del lavoro?
saluti
b
sabato 21 gennaio 2006 9,59 VACCARINI >>
- ma condividi le tesi di Pugliesi sul tuo lavoro?
parli probabilmente del manipolare/manipolatori versus (?)
innovatori; in tutta sincerità non ti so dire, anzi
non riesco a pensare se non che in modo sistemico, mi sento
un architetto contemporaneo che lavora con gli strumenti e
i materiali che il suo tempo (ed il suo spazio (non territorio-provo
a spiegarmi più avanti)).
L'appartenenza è un fatto, che per ciò che mi
riguarda, ha a che fare con "ambiti" più
che con maestri (che purtroppo non ci sono-non nel senso dei
"rossi") e questi ambiti hanno a che fare con "il
sentire" ;
cosa raccontino le mie architetture (la sintesi ultima dei
nostri pensieri ed azioni) appartiene al "sentire"
di ognuno di noi.
- quale basi teoriche poni alle tue esplorazioni formali?
Vorrei provare a raccontare il mio lavoro partendo da due
affermazioni semplici (mi scuso in anticipo ) :
_1 l'architettura nasce da idee (non da figure. La figura
ne è semplicemente il risultato, il risultato della
messa in scena delle idee)
Intorno a questa semplice riaffermazione del primato del pensiero
sulla figura la ricerca dello studio si orienta e si misura
con i temi a cui il territorio contemporaneo,
ibrido e molteplice, chiede risposta.
Spesso di tratta di temi "deboli" spuri (non ci
sono case sulla cascata o nuovi Guggenheim da progettare)
che chiedono di affondare le mani nel corpus della
disciplina come servizio collettivo "necessario".
_2 gli architetti fanno architetture (spazi?ambiti?)
Non ci sono scorciatoie, dobbiamo "fare" architetture
(spazi).
Per "fare" intendo che sia nelle teorie (i pensieri
che stanno prima dell'azione e che ne informano i contenuti)
che nei progetti il dna di entrambi deve contenere il geni
propri della disciplina architettonica (spazio, relazioni,
geometrie, materiali, ___sensazioni...).
Comunichiamo attraverso questa produzione, le architetture
come sintesi del complesso intreccio e sedimentarsi di amori,
conoscenze, desideri.
Di tanto in tanto torno a "leggere" i disegni di
Piranesi o di Sant'Elia, metto in parte i miei pensieri con
le loro figurazioni, le idee sono già tutte là,
aspettano soltanto di essere "viste" per varcare
il confine tra disegno e realtà; nel mezzo c'è
l'architettura.
L'Architettura : arte per maturazione, e non per rivelazione
: non esistono "enfants prodiges" nell'architettura
:
non esistono architetti precoci;
nessun Mozart nell'Architettura :
Sant' Elia, precoce? Le sue furono immaginazioni :
non sappiamo come maturando avrebbe architettato
…….Architettura non vuol dire soltanto costruire
: gli ingegneri costruiscono benissimo ma operano soltanto
nello spazio, ….
…….Gli architetti costruiscono "nel tempo",
nella cultura;
GIO PONTI , AMATE L'ARCHITETTURA (1957)
Dopo queste due brevi considerazioni, comunque molto importanti
per dare un taglio al nostro lavoro, ti inquadro l'ambiente
culturale in cui sono nato e ti segnalo alcuni amori :
_ Pescara 1987-93; la facoltà è in fermento,
una scuola (quella fondata da Rossi e da Grassi-tra gli altri)
sta "morendo" lasciando il posto ad una giovane
(allora) generazione con a capo Antonino Terranova ed a seguire
Aldo Aymonino, Paolo Desideri, Giangiacomo D'ardia (per citarne
alcuni).
Io ho respirato a pieni polmoni dell'aria delle due scuole.
E' stato un periodo molto bello accompagnato da viaggi, borse,
da una vicinanza con chi ti insegnava il mestiere non soltanto
accademica;
e poi dal 93 al 2000 il perfezionamento all'estero, il dottorato,
la didattica .... un percorso che sicuramente conosci (ma
nel frattempo la scuola si è dissolta )
_ ti faccio solo cenno della vicinanza culturale di un pensiero
ibrido(?) di Canevacci , Ilardi (per alcuni tratti), Auge,
... ; ma con negli occhi le visioni di Celati, la passione
di Ponti e soprattutto le architetture (queste si veramente
ibride) dei nostri architetti degli anni 50-60- (moretti (il
moretti dopoguerra, plastico, contorto,..) Luccichenti, Gardella,
... joe colombo,) o di Coderch (per fare qualche nome e capirsi
meglio)
non so se ho risposto
- come ti rapporti con il territorio del lavoro?
il territorio è il terreno da cui tutto nasce;
oggi più che mai si tratta di un territorio sempre
meno geograficamente definito, le relazioni seguono traiettorie
impensabili fino al secolo scorso,
il nostro dialogo ne è la testimonianza. (è
vero i rapporti epistolari sono sempre esistiti, ma la "frequentazione"/frequenza
e prossimità che questi nuovi strumenti consentono
somigliano molto più ad una frequentazione "territoriale").
Penso che probabilmente tu ti riferisca più al territorio
fisico, bene, ti dico che anche questo ha assunto dei contorni
più sfumati : quando mi chiedono da dove vengo rispondo
sempre - dall' adriatico- sento che questa è la vera
condizione territoriale che mi appartiene. Essere posizionato
in un punto qualsiasi della conurbazione diffusa che va da
Ancona(circa) a Pescara è solo un dato geografico,
mi sembra che le condizioni non cambino sui punti di questo
segmento. Il territorio che abito mi trasmette (in reale)
le declinazioni dello spurio, dell'ibrido di Auge o di Canevacci.
Essere a "margine" è una condizione del lavoro,
o forse si tratta semplicemente dell'essere su uno dei nodi
della rete del territorio (geografico, culturale, ... (rete
e non centro - potremmo parlarne in seguito))
Dal territorio apprendo le conoscenze che informano il lavoro
(conoscenze non tecniche, ma culturali, di una cultura ancora
fatta di frammenti che non sanno di far parte di un corpus;
frammenti che attendono di essere messi insieme con un "senso".
Si tratta di filtrare , connettere, scrivere una delle storie
possibili. Un lavoro molto difficile perchè cerca di
costruire un tessuto annodando fili tagliati, cerca di dare
senso; il senso fa paura, significa schierarsi, significa
sbagliare, spesso si preferisce essere agnostici (___meglio
l' nternational style contemporaneo, rassicurante, "già
visto (per tornare ad una declinazione disciplinare)).
Il territorio ci chiede una pratica che dovremmo praticare
con più costanza : ascolto.
Nel concreto, non ho molti legami con la mia realtà
territoriale, quasi tutti sono "di ritorno", ovvero
di persone che conoscono il tuo lavoro e ti cercano (molti
altri ti evitano accuratamente); con questi pochi, il legame
è, però, molto stretto.
un abbraccio alla prossima
giovanni
sabato 21 gennaio 2006 21.40 DE BATTE' >>
Leggo che l’azzeramento dei Maestri e il tener presente
scuole dei due opposti fa introdurre un rapporto interessante
Con l’antropologia urbana (Canevacci) e la Socio-Filosofia
urbana Augè – Ilardi (tutti amici di strada…
come Terranova, Aymonino e D’ardia Capisco il tuo “scarto”
e lo sguardo sul fare ed è questo che colgo bene. Ma
mi interessa sviluppare questo sguardo su Celati che definisci
visioni… Interessante questo innesto della letteratura
Me ne descrivi i nessi…?
domenica 22 gennaio 2006 21.10 VACCARINI >>
Il nostro procedere per tentativi si avvale di una serie di
strumenti di conoscenza (e controllo), la lettura è
il compagno di viaggio più praticato.
Esse sono "illuminanti", nel senso che ci costringono
sempre ad immaginare (vedere_ e qui la visione incomincia
ad assumere una dimensione compositiva)
tutto quello che c'è tra il concetto (le parole) e
le loro figurazioni (è questa, forse, la più
potente operazione progettuale);
ancora oggi, a distanza di circa venti anni dalla sua prima
lettura, trovo interessante e per alcuni versi attuale "l'architettura
come mestiere" di Giorgio Grassi,
pur associandoci visioni(!) di architettura completamente
diversi dall'autore.
(la molteplicità degli sguardi è una ricchezza
da non disperdere)
su Celati :
_"verso la foce" di Gianni Celati; mi sembra una
lettura che contiene una serie di riflessioni sull'architettura,
e sul modo di vedere, di un'attualità sconcertante.
_il viaggio di celati, con degli amici fotografici, è
un viaggio attraverso la "normalità"della
vita quotidiana di un territorio;
non riflessioni (facili(?) ed affascinanti) sulle megalopoli
orientali o sull'urbano più complesso, ma sul quotidiano
inteso come microcosmo. Un' osservazione difficile: i tratti
sono "sfocati", "sovraesposti", i soggetti
sfuggenti, "mostruosi" (il libro si apre con "un
paesaggio con centrale nucleare", -viaggio ad Hong Kong
suona certamente meglio)
_Celati ci disvela la più semplice delle scoperte,
che il mondo è dietro l'angolo (ed aggiungo io : tutto
sta nello sguardo di chi osserva (vede??)).
alcuni indizi :
(ulteriori)
_"un weekend postmoderno", Pier Vittorio Tondelli
_"1600 vicini di casa" Roberto Monelli
_ "eterotopia", Michel Focault
_"geografia dell'espressione", Mike Davis
Per tornare ai nessi, questi sono nei pensieri che guidano
le azioni.
Il modo di vedere le cose (lo sguardo) è costantemente
informato (ad esempio) dalle visioni deboli di Celati, dalla
convinzione di non avere risposte, ma soltanto una delle possibili
soluzioni. Il brutto ed il banale contengono informazioni
(indizi) importanti per la nostra architettura;.
. l'asimmetrico è più interessante del simmetrico
(interessante non soltanto come "figura", ma come
"concetto"; contiene dei dubbi. L'asimmetrico è
tale perchè risponde alla serie di istanze che il progetto
tiene insieme (cerca); non tenta di imporre un ordine ideale,
ma cerca di lavorare con l'imperfetto.)
. l'ibrido è più interessante del "tipo"
(l'ibrido include, il tipo esclude le "difformità")
."le idee" sono più interessanti de "l'idea".
Potremmo parlarne ancora per un pò (materia, forme/a-funzione/i
__senza funzione/multifunzione, ecc), ma credo che il senso
si sia capito, e vorrei evitare di entrare nel racconto "intimo"
ed indicibile del fare architettura
......
Anche l'immaginazione fa parte del paesaggio;
lei ci mette in stato di amore per qualcosa là fuori,
ma più spesso è lei che ci mette in difesa con
troppe paure;
senza di lei non potremmo fare un solo passo ,
ma lei porta sempre non si sa dove.
Ineliminabile idea che guida ogni sguardo,
figura d'orizzonte,
così sia.
...................
.. Ogni volta è una sorpresa, scopri di non sapere
niente di preciso sul mondo esterno.
Allora viene anche la voglia di scusarsi con tutti :
scusate la nostra presunzione,
scusate i nostri discorsi, scusateci di aver creduto che voi
siate un pugno di mosche su cui
sputare le nostre sentenze
Gianni Celati, Verso la foce, Feltrinelli 1992
lunedì 23 gennaio 2006 10,53 DE BATTE'
>>
Si avevo letto la recensione su Parametro.it
Ma così spiegato il rapporto con Celati ?i? PAN>chiaro
Ma solo la lettura ti fa produrre figure?
E il mondo figurativo?
Mi farebbe piacere un tuo disegno (formato cartolina)
Da aggiungere alla mia quadreria?
A presto
lunedì 23 gennaio 2006 11.24 VACCARINI
>>
Ovviamente, figure producono altre figure.
Si apre un mondo; potrebbe essere interessante vedere dove
si "prendono" le figure;
personalmente preferisco le figure improbabili degli "scarti",
dello spontaneo.
La lettura (o più in generale la trasmissione non figurativa)
ci costringere ad immaginare figure "ad occhi chiusi",
non ad occhi aperti;?
un esercizio interessante
_ per il disegno provvedo presto
a presto
giovanni
lunedì 23 gennaio 2006, alle ore 17:19
DE BATTE' >>
ci prendiamo un caffè
a presto
ps
se ti và utilizzerei questa partita a ping @ pong @
da accompagnare ai tuoi progetti sul web
lunedì 23 gennaio 2006 17.51 VACCARINI
>>
provo ad inviarti delle immagini di schizzi,
dimmi quale vuoi e te lo invio ad alta definizione
bene x il ping pong
giovanni