Leggo
su Hotdog di Settembre che negli USA è uscito un film
nuovo,un piccolo caso, una pellicola con Jim Carrey e Kate
Winslet che sta avendo molto successo ma non si sa se e quando
uscirà in Italia, forse nel 2005. Io sono già
in paranoia, lo sceneggiatore è lo stesso de Il ladro
di orchidee, un film bellissimo intenso e originale che era
riuscito anche ad arrivare agli Oscar qualche anno fa.Devo
assolutamente vederlo….
Potevo morire a cercare il titolo in inglese sui nostri giornali,
come spesso capita hanno cambiato il titolo.In italiano è
diventato un agghiacciante Se mi lasci ti cancello, un titolo
infelice e bruttissimo che fa presagire una commediola sentimentale
e divertente. Nulla di più sbagliato . Quante volte
ci siamo chiesti alla fine di una storia d’amore, lunga
o breve non ha importanza, ma intensa, come sarebbe bello
poter cancellare tutto, dimenticare tutto quello che ci ha
portato alla rottura, dimenticare anche il bello che ci fa
soffrire.Joel e Clementine i protagonisti lo fanno con un
procedimento scientifico, niente di più semplice. E
il film ci mostra in un percorso sconnesso nella memoria di
Joel come tutto questo può avvenire, un salto continuo
tra presente e passato, tra ricordo e realtà, tutto
procede lineare e tranquillo quando sfochiamo immagini di
litigate e ferite, cattiverie gratuite e colpi bassi. Ma si
blocca quando si arriva al momento delle gioie, delle cene
romantiche, delle corse spensierate su spiagge innevate. E
all’istante della carezza di una mano sotto un lenzuolo
di sole tutto si ferma, il tempo non ha più un senso,
oggi è ieri, domani è ieri, tutto ruota intorno
a quello che è stato, ed è un circolo virtuoso
di crescita, di rafforzamento, di comprensione di noi e degli
altri ma soprattutto di noi con gli altri.E’ impossibile
non identificarsi in ogni parola scandita, urlata e sussurrata
dai protagonisti, ogni istante è un attimo di vita
vissuta da chiunque viva nel senso più alto del termine.
E non è solo ricordare che ci colpisce,
è capire da ciò che si ricorda l’essenza
del film. Perché ricordare è crescere, analizzare
le proprie azioni e soprattutto i propri errori è capire
ciò che eravamo e ciò che potremmo essere. Da
ventenni probabilmente la nostra personalità sta veramente
dentro a un tubetto di tintura per i capelli ma lentamente
quel colore finisce e rimangono solo sfumature opache e lucide
di ricordi indelebili che formano caratteri a volte fragili
come castelli di sabbia, d’altronde la sabbia è
sopravalutata, non sono altro che sassi molto piccoli.Ricordare
è un esercizio difficile, inevitabile e continuo. Un
modo per rivivere e aggrapparsi a qualcosa che si è
perso e per appropriarsi di un modo nuovo modo di concepire
le cose. Capire ciò che si è fatto come quando
pervaso da una paura sottile ti blocchi e hai la tentazione
di non rischiare, di non metterti in gioco, di lasciar perdere
tutto quello che di bello e di brutto può arrivare
perché è meglio una sicura apatia piuttosto
che un continuo salire e precipitare gli struggimenti dell’anima.
Di fronte a questo il ricordo ti insegna che per finire una
storia senza addio forse per vivere serenamente quell’addio
puoi anche inventartelo.E’ un film di insegnamenti grandi
e piccoli, senza volerlo ci mette davanti alla nostra vita,
ai nostri comportamenti consapevoli e inconsapevoli e lo fa
con una chiarezza e con una profondità difficilissima
da raggiungere, attraverso immagini incalzanti, colori sfocati,
deja-vù continui, parole scritte su fogli strappati
al vento.
Perché non arriviamo ad un certo punto, e io me lo
auguro, a rileggere il diario nella nostra vita e renderci
conto che è fatto solo da pagine bianche.