Era dicembre quando sul giornale ho letto la lista dei cantanti
che avrebbero partecipato alla nuova edizione del festival
di Sanremo. Più o meno i soliti noti e qualche giovane
promettente fino a che leggo: Velvet. Di nuovo?La loro unica
partecipazione con “dovevo dirti mole cose”era
stata un piccolo gioiello ovviamente rifiutato la prima sera.
Fine febbraio, preso da altri pensieri dimentico di cercare
la canzone dei Velvet sulle radio e men che meno guardando
il festival….ma il cd non mi scappa.
I primi ascolti sono distratti fino a un venerdì sera
che poteva essere un venerdì qualunque.
Torno in auto da una serata inaspettata, da una spiaggia
fredda d’inverno, da un’aria tagliente e penetrante.
Sono avvolto da un pianoforte ed archi che mi coccolano e
mi ammutoliscono, il silenzio dei miei occhi urla di lacrime
leggere. La mia mente viaggia sulla sua autostrada, quella
del vissuto, dei desideri, delle aspirazioni e delle delusioni.
Oggi è veramente tutto da rifare, da chiudere e conservare,
da chiudere e consegnare. E’ esattamente come ci si
sente in alcuni momenti della vita. Ci sono veramente avvenimenti,
grandi o piccoli, non importa, che ti aprono nuove prospettive,
che ti spingono ad aprirti a vivere.
Ancora poco e sono a casa, ma la mia mente è ancora
là, su quella spiaggia, a camminare passi pesanti su
sabbia bagnata. Fino a quel momento non pensavo. Avevo smesso
di pensare, di riflettere, di agire. Solo routine, meccanismi
ben oliati, che conosco fin troppo bene. Assaporavo il piacere
di momenti sempre uguali e per questo sempre sicuri, era il
bello di vivere una vita già vissuta, prevedibile ma
senza shock. Ero riuscito a trovare un equilibrio, nella normalità,
nell’apatia.
Ma non avevo fatto i conti con il destino e con le sue manifestazioni,
anche quelle musicali.
Io non so dirvi perché ma quando il cd indica la traccia
numero 6,mi sono dovuto fermare, ho dovuto cercare il titolo:
“A chi dimentica”.
Sono crollato.
Piango, non è facile vedersi sbattere in faccia un
proprio ritratto così ben definito, non è facile
ritrovarsi descritti da una canzone in maniera tanto semplice
e chiara. Non resisto al chiuso di questo abitacolo, le mie
mani stringono il volante, sembrano volerlo sradicare.
Posso solo uscire, e vengo schiaffeggiato proprio da un’aria
fredda e tagliente che “non è limpida ma mi ossigena”.
Respiro a pieni polmoni e mi sembra di incamerare forze che
io stesso non conoscevo, i pugni stretti come un bambino che
mostra la sua forza a un mondo che senza conoscerlo già
gli mostra avversità.
E’ vero che la mia natura è la paura di vivere,
di lasciarsi andare, di sognare. Perché ci adagiamo?Perchè
calziamo scarpe sempre troppo strette che ci fermano, ci bloccano,
ci rendono pesanti, che ci impediscono di muoverci in ogni
direzione. E il paradosso è che quelle scarpe le abbiamo
scelte noi, le abbiamo volute così. Potevamo decidere
se camminare a piedi nudi sulla sabbia, magari lentamente,
appesantiti da uno sforzo superiore alle nostre aspettative,
ma avremmo lasciato dietro di noi orme nitide di sensazioni
indelebili, di emozioni indimenticabili. Spesso ci chiediamo
cosa sarà di noi, e mai abbastanza ci domandiamo cosa
stiamo facendo ora, cosa abbiamo lasciato gli altri, se ogni
giorno è stato alla fine un giorno di gloria. Troppe
volte buttiamo i giorni in nome di una presunta serenità.
E se fosse veramente tutto da rifare?Trovare la forza di chiudere
quei stretti passaggi della mente che ci impediscono di vivere
apertamente i nostri desideri più naturali, di soddisfare
le nostre ambizioni, i nostri desideri.
Forse non è necessario neanche iniziare di nuovo,
cambiare radicalmente, basta capire che il cambiamento è
crescita, e che crescere è cambiare, evolvere verso
un punto più in alto, più vicino a noi stessi,
più consono all’idea che abbiamo di noi stessi.
Perché troppo volte la mattina dopo un sorso di caffé
ci si domanda se siamo felici, e dobbiamo avere la prontezza
di rispondere sì perché siamo vivi e viviamo
perché siamo felici , consumiamo ogni emozione con
intensità, a volte anche troppa, ma mai con distacco.
Tutto quello che può succedere è poi tutto
quello che resta, e quindi dobbiamo fare in modo che quelle
scarpe che scegliamo per la nostra camminata nella vita siano
comode e resistenti.
Devono permetterci di scivolare sulle distanze come le parole
di queste canzoni dei Velvet ci danno la possibilità
di scivolare verso le carezze del cuore che danno un senso
all’esistenza.
Perché prima o poi quel pugno stretto di bambino si
aprirà a stringere altre mani. E quello sarà
il momento in cui ci sarà sempre da perdere ma ne varrà
la pena. Anche fosse solo per vivere quel istante.
Fabio Siri
fabiosiri@inwind.it
WEBSITES: www.velvetband.it